08 Aprile 2023 :
Angela Stella
Ricordate la storia di Salvatore Giuseppe Di Calogero, classe 1975, condannato in via definitiva a 8 anni e 8 mesi per associazione mafiosa, divenuto totalmente cieco in carcere ma costretto tuttavia a rimanervi anche se gli mancano meno di quattro anni al fine pena? Ci sono novità positive, per quanto possibili in questa situazione: un magistrato del Tribunale di Sorveglianza di Caltanissetta ha accolto la richiesta dei legali Eliana Zecca e Michele De Stefani per il differimento pena ai domiciliari.
Potrà stare con la moglie e il figlio e spostarsi limitatamente nelle strutture sanitarie per ricevere le cure e fare riabilitazione.
Il 3 aprile una nota della Direzione del carcere aveva chiarito che “per le sue condizioni non è compatibile con il regime detentivo in quanto non vi sono strutture adeguate per tale patologia”. Inoltre nella relazione dell’Unione Ciechi si leggeva chiaramente che “il Sig. Di Calogero ha estrema e urgente esigenza di proseguire il percorso riabilitativo e psicologico con continuità e costanza, pena la degenerazione in modo irreversibile della condizione fisica e psicologica dello stesso”.
Commentano i legali: “Si rappresenta, il ruolo fondamentale del Garante della Regione Sicilia per i rapporti tra la difesa e la struttura penitenziaria, nel sollecitare le richieste di informazioni. Questa triste storia, in tempo di riforme, deve solo far riflettere su un aspetto fondamentale: in caso di evidenti incompatibilità con il carcere e, quindi, di differimenti pena obbligatori ex art. 146 c.p. la procura dovrebbe poter sospendere l'ordine di esecuzione in attesa della decisione della competente magistratura di sorveglianza, anche in ipotesi di condanne ostative ex art. 4 bis O.P. Ciò appare doveroso in uno Stato di Diritto fondato su un principio di umanizzazione della pena, la quale, si ricorda, non può, nemmeno per un giorno, consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e deve tendere alla rieducazione del condannato”.