25 Giugno 2021 :
Valerio Fioravanti su Il Riformista del 25 giugno 2021
Quando Joe Biden ha prestato giuramento come 46º presidente degli Stati Uniti, gli oppositori della pena di morte avevano festeggiato. Sembrava che gli Stati Uniti avessero il loro primo presidente abolizionista. In campagna elettorale Biden aveva promesso che avrebbe fermato le esecuzioni federali, proposto una legislazione per abolire la pena di morte a livello federale, e incentivato economicamente quelli stati che avessero seguito l’esempio. Aveva riconosciuto che il sistema di pena di morte dell'America è pieno di errori e di ingiustizie. "Poiché non possiamo assicurarci che questi casi siano corretti ogni volta", aveva twittato il candidato Biden, "dobbiamo eliminare la pena di morte."
Biden è entrato in carica il 20 gennaio e durante i “primi 100 giorni”, quelli che di solito vengono utilizzati per emanare i provvedimenti impopolari in modo che l’elettorato abbia il tempo di dimenticarli prima delle elezioni successive, ha firmato decine di ordini esecutivi con cui ha oggettivamente invertito molte delle politiche dell'amministrazione Trump. Ma, ora che dall’inizio del mandato sono trascorsi 5 mesi, Biden è rimasto in silenzio sulla pena di morte. Attivisti e organizzazioni temevano che porre fine alla pena capitale non fosse più una priorità di Biden, che chiaramente rivolgeva la sua attenzione ad altre parti della sua agenda.
Ma il 14 giugno, il silenzio e l'inazione si sono conclusi con una sbalorditiva inversione di posizione. Invece di annunciare la fine dei processi capitali federali o una moratoria sulle esecuzioni federali, il Dipartimento di Giustizia ha chiesto alla Corte Suprema di “cassare” l’annullamento di una condanna a morte.
Il caso è quello di Dzhokhar Tsarnaev. Tsarnaev, ceceno di religione musulmana, non aveva compiuto 20 anni quando, nel 2013, assieme al fratello maggiore Tamerlan, poi ucciso in un conflitto a fuoco, aveva collocato una bomba lungo il percorso della maratona di Boston, uccidendo 3 persone. Gli atti di “terrorismo” sono “reati federali”, e i pubblici ministeri devono seguire, per via gerarchica esplicita, le indicazioni che arrivano dal Dipartimento di Giustizia, l’equivalente del nostro Ministero della Giustizia.
In Italia, dove i Radicali tentano per l’ennesima volta di riproporre la cosiddetta “separazione delle carriere”, che i pubblici ministeri “obbediscano” al ministro sembra una cosa sembra strana. Ma gli americani in queste cose sono logici, lineari: se la “pubblica accusa” deve essere, appunto, “pubblica”, allora è bene che rappresenti la maggioranza politica del paese (che in qualche misura risponderà delle proprie posizioni alle successive elezioni), non l’opinione di un singolo funzionario statale. Detto questo, tutto il mondo è paese, e anche negli Stati Uniti quando serve “l’indipendenza della magistratura” torna utile. Ma andiamo con ordine.
Tsarnaev venne condannato a morte nel maggio 2015, diventando il più giovane dei 46 detenuti nel braccio della morte federale.
La condanna a morte è stata annullata il 31 luglio 2020 dalla Corte d’Appello federale, che per alcuni errori procedurali, in primis non aver voluto prendere in considerazione eventuali attenuanti, aveva stabilito che nei suoi confronti fosse “sufficiente” l’ergastolo senza condizionale. Per un detenuto così giovane può voler dire 60 anni di carcere speciale, o più.
L'amministrazione Trump lo scorso autunno aveva impugnato l’annullamento, e ora che il caso è di imminente discussione, è toccato all’amministrazione Biden scrivere le motivazioni del ricorso. Il 15 giugno mattina i media “liberal” hanno riportato ampi stralci delle motivazioni, e tutti hanno commentato con estremo disappunto, alcuni con sarcasmo, che per toni, retorica, e conclusioni, le motivazioni non si distaccano minimamente da come le avrebbe fatte Trump. In serata il vice-portavoce della Casa Bianca, Andrew Bates, ha tamponato il tamponabile, o almeno ci ha provato. Ha emesso un comunicato in cui indica che in “mezza dozzina di casi” l’Amministrazione Biden ha dato mandato ai propri procuratori di ritirare le richieste di pena di morte avanzate dall’amministrazione precedente, che Biden personalmente è contrario alla pena di morte, ma nel caso Tsarnaev si è ritenuto di “rispettare l’autonomia del Dipartimento”. Va bene. Ora sappiamo che Biden è “contrario alla pena di morte, ma se gli altri insistono…”