‘PAKISTAN, ASIF CONDANNATO A MORTE PER BLASFEMIA, LA MOGLIE MARILYN E I QUATTRO FIGLI PICCOLI IN FUGA PER SALVARSI LA VITA’ di Sergio D’Elia

Asif Pervaiz

04 Novembre 2020 :

Se nel mondo laico occidentale offendere Maometto, altri profeti o le sacre scritture può scatenare l’ira di fanatici armati di coltello pronti a sgozzare il “blasfemo”, in alcuni Paesi a maggioranza musulmana l’integralismo è anche legge di Stato e punisce la blasfemia con la pena di morte.
In Pakistan, la legge contro la blasfemia è stata introdotta dal generale Mohammad Zia-ul-Haq nel 1985. Da allora, centinaia di persone – musulmani e non – sono state incriminate. Nessuno è stato giustiziato e molte condanne sono state poi respinte in appello. Però, ci sono ancora circa 80 persone in prigione accusate di blasfemia, metà delle quali a rischio di pena di morte o di pena fino alla morte.
Laddove lo Stato non arriva o assolve, la giustizia privata e sommaria è pronta a supplire in maniera letale. Decine di persone in attesa del processo o assolte dalle accuse sono state massacrate da fanatici religiosi per strada, in prigione e addirittura nei tribunali. Gli stessi avvocati difensori sono stati vittime di attacchi e sono stati colpiti anche giudici che hanno prosciolto gli imputati.
Nel settembre scorso, Asif Pervaiz, un cristiano di 37 anni, è stato condannato a morte dopo sette anni di custodia cautelare. Il suo capo in una fabbrica di abbigliamento lo aveva accusato di aver inviato messaggi sacrileghi dal suo cellulare. Da allora, la moglie Marilyn e i suoi quattro figli piccoli hanno dovuto fuggire per salvarsi la vita.
Accade spesso che il “reato” di blasfemia sia solo il pretesto per regolamenti di conti che nulla hanno a che fare con la religione. La legge a volte è usata per prendere di mira i rivali in affari. I cristiani e le altre minoranze religiose continuano a essere i principali bersagli di abusi in base alle leggi sulla blasfemia. Anche false accuse possono innescare processi giudiziari nelle aule dei tribunali e una caccia all’uomo nelle strade e nelle case dei miscredenti. Alcuni degli imputati non sono mai arrivati a giudizio. Alla fine di luglio, un cittadino americano, Tahir Ahmad Naseem, è stato ucciso a colpi d’arma da fuoco in un’aula di tribunale a Peshawar. Era in prigione dal 2018 e gli hanno sparato perché apparteneva all’Ahmadiyya, una corrente di pensiero dell’Islam che predica la nonviolenza e la fratellanza universale.
Il caso più noto è quello di Asia Bibi, una madre di quattro figli che ha trascorso quasi un decennio nel braccio della morte prima di essere rilasciata grazie a una grande mobilitazione internazionale. Una donna l’aveva accusata di aver insultato l’Islam per una frase buttata lì durante un battibecco con altre donne che l’avevano umiliata per aver bevuto un bicchiere dal pozzo a lei proibito, in quanto “infedele cristiana” e quindi “impura”. Durante e dopo il processo, le furie integraliste islamiche hanno chiesto la sua morte, hanno minacciato gli avvocati e ucciso il Governatore della Provincia del Punjab e il Ministro delle minoranze che avevano parlato in sua difesa e chiesto la riforma delle leggi sulla blasfemia. Nel novembre del 2018, Asia Bibi è stata assolta dalla Corte Suprema, scarcerata dalla prigione di Multan e trasferita in una località segreta per tutelarne la sicurezza. Dopo molti mesi di vita da clandestina suo malgrado, è stata autorizzata a rifugiarsi in Canada insieme alla sua famiglia.
Dopo l’assoluzione, il suo avvocato, Saiful Malook, è stato costretto a rifugiarsi per un po’ di tempo in Olanda per sottrarsi alla vendetta degli estremisti islamici. Ma poi è ritornato per difendere Asif Pervaiz e altre vittime come lui di false accuse di blasfemia spesso motivate da vendette personali o odio religioso. “Gli avvocati non hanno una religione, lottano solo per la giustizia”, ha detto Malook. Asif ha già passato sette anni in attesa della decisione del tribunale. Chissà quanti anni dovrà aspettare prima che tutto sia finito. Intanto, la moglie Marilyn continua a nascondersi perché si sente minacciata e cerca di mantenere i suoi tre figli e la figlia al sicuro dall’ira e dalle minacce di morte dei fanatici religiosi.


Il link all’articolo di S. D’Elia sul Riformista del 3 novembre https://www.ilriformista.it/la-bibbia-e-il-fucile-il-motto-che-continua-a-ispirare-la-visione-del-mondo-del-presidente-trump-172752/?fbclid=IwAR2SvguAuMOKFH3_amu-sMus-PiZaMb7-vm5beXL9Q6vCQsttWvGSfJ2Cs4

 

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