NELLA MIA CELLA HO GIRATO IL MONDO, MA ANCORA ASPETTO DI SFIORARE LA TUA MANO

12 Aprile 2025 :

Roberto Rampi su l’Unità del 12 aprile 2025

Durante l’ultimo Laboratorio di Nessuno tocchi Caino nel Carcere di Opera, fabbrica permanente di pensieri e sentimenti preziosi, un detenuto ha chiesto di parlare per cantare una storia. Il racconto di Daniele Falanga è la rappresentazione perfetta del potere della cultura. In pochi luoghi come nel carcere si percepisce l’autentica potenza liberatrice della cultura, della lettura, dell’istruzione, del teatro visto e praticato. Gli strumenti culturali e la loro assenza sono un elemento costante della esperienza carceraria. Sono tanti i detenuti che scoprono in carcere la potenza della poesia, dei racconti e della formazione. E ti spiegano come nelle loro vite non avessero mai conosciuto queste possibilità. Chi poi si trova costretto in detenzioni lunghe spesso si avvicina alla cultura come unico spazio possibile di evasione e scopre la sua potenza trasformatrice e si trasforma, ragion per cui sarebbe così importante attuare il dettato costituzionale e dare davvero a ognuno la possibilità di essere nel tempo valutato nuovamente per scoprire la nuova persona che abbiamo davanti. Perché tutti cambiamo e nessuno dovrebbe essere congelato nello spazio e nel tempo, inchiodato al proprio reato. Proviamo a immaginare noi quante volte siamo cambiati nel corso della nostra vita. Il cambiamento è la costante. E se fuori dalle celle la cultura viene sempre più considerata inutile e si vive una vera emergenza culturale e cognitiva, è proprio dal carcere che ci arriva un messaggio che parla a ognuno e a ciascuno, se siano disposti ad ascoltare.
Solo la cultura può rendere liberi. Ed è questa realtà liberata che ci racconta Colibrì, portandoci in volo con lui.
Roberto Rampi, Segreteria di Nessuno tocchi Caino, Garante dei detenuti di Monza e Brianza


Daniele Falanga, Colibrì
La maggior parte delle persone immaginano il carcere come un luogo chiuso e molto restrittivo, e infatti lo è. Non c’è nulla di costruttivo. Quando sei rinchiuso in una cella c’è una cosa però che ho imparato nell’arco delle mie permanenze presso i vari istituti, che purtroppo da tantissimi anni mi accolgono. Nessun istituto penitenziario, nessun tipo di struttura ha mai potuto evitare che io evadessi e quindi ne ho sempre approfittato, uscendo anche spesso dal nostro Paese.
Quanti ricordi piovono nella mia mente. Posso dire di essere stato quasi ovunque. La bellissima Ibiza, piena di luci e grandi locali, la romantica Parigi, la grandissima Hollywood. Ad ogni viaggio, e dunque ad ogni evasione, usavo anche tanti mezzi di trasporto, uno diverso dall’altro. Dopo essere stato a bordo di una bellissima nave, il mezzo più bello che provai fu sicuramente l’aereo. Purtroppo la vita non sempre ci spinge ad andare verso la direzione giusta, soprattutto se in quel momento a trasportarti non è un mezzo pubblico, ma bensì il trasporto del momento.
Avevo solo 17 anni quando ho deciso che ti saresti chiamata Rebecca. Le preoccupazioni erano tante, ma la gioia di diventare papà all’epoca fu fortissima. L’anno dopo ho compiuto 18 anni. Mi arrestarono e qualcuno decise bene di allontanarti da me, senza pensare nemmeno per un secondo che ero solo un ragazzino. Oggi posso guardare indietro, ma non posso tornarci e quindi mi sforzo a guardare avanti. Tu sei cresciuta ed io anche. Oggi, di fronte a questo pubblico evado. Evado immaginandoti qui in prima fila, bella e sorridente, felice di ascoltarmi.
Il tempo sta passando, e poi grazie a Dio tutte queste evasioni non le pagherò mai, perché sono state sempre e solo frutto della mia mente, della mia immaginazione. In realtà, la verità è un’altra: non ho mai preso l’aereo, non sono mai stato a bordo di una nave, so poco della vita esterna, sulla tecnologia. E poi: sono rinchiuso nella Casa di Reclusione di Opera e alle volte mi sento disperso. Figuriamoci se fossi uscito dall’Italia. Chissà, forse mi sarei perso.
Per ora ti posso assicurare solo questo. Ogni esperienza nuova che mi aspetta la vorrei condividere con te. Come sempre ho immaginato, in tutti questi ultimi tredici anni trascorsi, il nostro incontro. Il tempo sta passando ed ora che so che sei alla ricerca della verità, non attendo altro che quel magico momento. Solo allora, quando almeno per qualche secondo la tua mano sfiorerà la mia, la mia anima potrà tornare ad essere sempre in festa. E questa volta ci voglio credere. E non con la speranza, ma con la certezza: “Ca, aret’ ‘e sbarre e sott’ ‘o cielo, ce state tu e ‘o mare fore”.
Nel 2023 provai a scrivere una lettera. Poi, non potendola inoltrare, il mio dolore e la mia veracità l’hanno trasformata in un racconto. Oggi, nel 2025, finisco di evadere e sognare senza confini, perché, ancora non ho sfiorato la sua mano, ma ci ho parlato. E anche se nel mentre ascoltavo la sua voce non mi sembrava vero, da oggi tutto per me diventa un po’ più chiaro.

 

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