02 Aprile 2020 :
L’associazione “Nessuno tocchi Caino-Spes contra spem”, di fronte alla notizia della prima morte di un detenuto legata al coronavirus, che segue a quella altrettanto tragica di due agenti della polizia penitenziaria deceduti nei giorni scorsi, “chiede al Presidente del Consiglio e al Presidente della Repubblica di prestare la massima attenzione al rischio di una pandemia estesa alle carceri, che avrebbe effetti disastrosi non solo per i detenuti e gli operatori penitenziari ma anche per la comunità esterna.”
I dirigenti dell’associazione Sergio D’Elia, Rita Bernardini ed Elisabetta Zamparutti, rispettivamente Segretario, Presidente e Tesoriere, “chiedono altresì al Presidente del Consiglio e al Presidente della Repubblica di intervenire con urgenza e di adottare, per quanto istituzionalmente loro compete, tutte le misure necessarie volte a disinnescare la bomba ad orologeria, ora anche epidemiologica, che apprendisti artificieri della ‘certezza della pena’ hanno da tempo dolosamente innescato nelle carceri e che ora non vogliono o non sanno più disinnescare”.
Sul caso del detenuto deceduto all’ospedale civile di Bologna, i dirigenti di Nessuno tocchi Caino si sono chiesti “quale senso abbia avuto tenere in carcere un uomo di 76 anni, affetto da altre patologie oltre che dal Coronavirus, e tenerlo poi in stato di detenzione anche quando è finito in ospedale, e tenerlo ancora agli arresti domiciliari una volta finito in terapia intensiva”. “E’ un vero e proprio Stato-canaglia quello che per difendere Abele si comporta da Caino, quello che nel nome della certezza-della-pena pratica la pena fino alla morte e la morte per pena.”
“Il Presidente del Consiglio – propongono Sergio D’Elia, Rita Bernardini ed Elisabetta Zamparutti – decreti una moratoria immediata dell’esecuzione penale volta a ridurre drasticamente i numeri della popolazione carceraria, a partire ad esempio dai casi di detenzione per pene o residui di pena brevi da espiare, senza le attuali preclusioni previste dal decreto legge n. 18 del 2020 in discussione alle Camere, anzi allargando la platea a chi ha un residuo pena inferiore a quattro anni e limitando al massimo la custodia cautelare in carcere.”
“In assenza della volontà politica di seguire quella che consideriamo la via maestra per affrontare seriamente il problema del sovrannumero di detenuti nelle carceri e di processi pendenti nei tribunali, cioè quella dell’indulto e dell’amnistia, da parte sua – concludono Sergio D’Elia, Rita Bernardini ed Elisabetta Zamparutti – il Presidente della Repubblica eserciti intanto il suo potere di grazia a fini umanitari a fronte dell’incombente minaccia ai diritti fondamentali dei cittadini detenuti e alla stessa sicurezza dei cittadini liberi, e la conceda anche cumulativamente, come proposto il 23 marzo scorso dal Partito Radicale e ribadito dal costituzionalista Andrea Pugiotto, perché è una sua prerogativa che il Ministro della Giustizia non può ostacolare”.