10 Marzo 2006 :
“Le autorità competenti hanno eseguito oggi le condanne a morte di 13 terroristi”, rende noto un comunicato del Governo iracheno.Nel comunicato – riferisce l’agenzia Ap – compare il nome di uno solo degli impiccati, Shukair Farid, un ex poliziotto della città settentrionale di Mosul. L’uomo avrebbe confessato di aver aiutato elementi siriani nel reclutare altri iracheni al fine di uccidere poliziotti e civili.
Farid aveva “confessato di essere stato reclutato da alcuni stranieri al fine di seminare terrore attraverso omicidi e sequestri”, si legge nel comunicato governativo.
“I 13 terroristi sono stati processati in diversi tribunali. Questi processi sono iniziati nel 2005 e terminati nell’anno in corso”, ha dichiarato un funzionario del Supremo Consiglio di Giustizia, parlando dietro condizione di anonimato per paura di vendette da parte degli insorti. Le esecuzioni – conclude il funzionario – sono state effettuate a Baghdad.
Tra le 13 persone impiccate c’è anche una donna, rende noto il Los Angeles Times, riportando le dichiarazioni di Bassam Ridha, consigliere del primo ministro iracheno Ibrahim Al-Jaafari.
Ridha, che ha assistito alle esecuzioni, ha aggiunto che queste ultime sono state filmate ed hanno avuto luogo in una località segreta di Baghdad.
Prima delle impiccagioni, cui hanno assistito anche un giudice ed alcuni religiosi, ai 13 prigionieri è stato concesso un ultimo pasto e un pò di tempo per pregare.
Dovevano essere giustiziati anche altri tre prigionieri, ha concluso Ridha, ma non è stato possibile portarli nella capitale per problemi legati alla sicurezza.
Sarebbero centinaia i detenuti nel braccio della morte di Baghdad, riferisce lo stesso giornale.
Sulle esecuzioni avvenute in Iraq, il Segretario di Nessuno tocchi Caino Sergio D’Elia ha dichiarato: “La notizia delle 13 esecuzioni rappresenta invece che una soluzione di continuità rispetto al regime di Saddam, un ritorno evidente ad un passato orribile che rischia di pregiudicare il futuro di un Iraq democratico e civile.
Poiché la questione della pena di morte attiene al rispetto dei diritti umani sta a noi, paesi abolizionisti, scongiurare che, dietro l’alibi del principio della non ingerenza negli affari interni, si dia copertura a regolamenti di conti interni all’Iraq, ad una giustizia che rischia di essere vendicativa e spietata.
I governi abolizionisti e le stesse Nazioni Unite, nel loro cooperare in materia giudiziaria o di polizia con le autorità irachene - conclude il Segretario dell’associazione - devono e porsi e manifestare chiaramente un limite, quello della non collaborazione all’applicazione della pena di morte.