13 Dicembre 2017 :
Sulla conferma della condanna a morte del ricercatore iraniano Ahmadreza Djalali con accuse di spionaggio da parte della Corte Suprema, Nessuno tocchi Caino ha chiesto una forte presa di posizione dell'Italia.
E’ grave che la Corte Suprema iraniana abbia confermato la condanna a morte decretata nei confronti di Ahmadreza Djalali, 46 anni, ricercatore universitario per anni attivo in Italia e detenuto a Teheran dall’aprile 2016 con l'accusa di spionaggio. E ancora più grave è che il governo italiano non faccia nulla per fermare l'esecuzione di una persona condannata per collaborazionismo con Israele al termine di un processo assolutamente sommario. Djalali ha lavorato molti anni in Italia nelle università piemontesi, dove ha svolto ricerche. Una ragion in piu' per appellarci al governo italiano affinché intervenga.
La conferma della condanna nei confronti del ricercatore iraniano è avvenuta nello stesso giorno in cui, con la manovra di bilancio, è stata approvata la trasformazione dell'agenzia Invitalia per assicurare gli investimenti in Paesi altamente a rischio come l'Iran e superare così le resistenze di Cassa Depositi Prestiti, Sace e grossi gruppi bancari a far partire il business tra Italia e Iran.
Pensare che si possano fare "buoni" affari acriticamente con un regime teocratico, oscurantista e che fa dell'anti-sionismo una priorità della propria politica estera è un errore.
L'Iran dall'inizio dell'anno, ha mandato al patibolo più di 520 persone superando il numero delle esecuzioni compiute nel 2016.
La condanna a morte di Ahmadreza Djalali ci richiama a considerare che la lotta per l’abolizione della pena di morte nei Paesi totalitari come l’Iran, è innanzitutto una lotta per la piena affermazione dello Stato di Diritto e ci appelliamo al Governo italiano affinché ponga la questione del rispetto dei diritti umani e la liberazione di Djalali come richiesta prioritaria nelle relazioni che riguardano l’Iran.