22 Aprile 2023 :
Elisabetta Zamparutti su Il Riformista del 21 aprile 2023La settimana scorsa è stato pubblicato il Rapporto sulla pena di morte in Iran, curato da Iran Human Rights (IHR) e da Ensemble Contre la Peine de Mort (ECPM). Si riferisce all’anno 2022. Un anno che passerà alla storia per le rivolte innescate dalla morte, il 16 settembre, di Mahsa Amini, e per l’uso che della forca si è fatto in termini intimidatori con le almeno 582 esecuzioni registrate da IHR e che sarebbero ancora di più, almeno 642, secondo i dati di Nessuno tocchi Caino. Un numero che segna lo sbalorditivo aumento del 75% rispetto alle esecuzioni compiute l’anno precedente.
Due sono i manifestanti impiccati nel dicembre del 2022 (altri due ne sono seguiti nel 2023). Uno è stato fatto penzolare come monito in una pubblica piazza.
Al momento della pubblicazione di questo Rapporto risultano oltre 100 i manifestanti a rischio di condanna capitale mentre almeno 20 già sono stati condannati a morte seppur in via ancora non definitiva. La repressione dei manifestanti ha avuto però un costo politico per le reazioni internazionali che ha provocato.
La censura internazionale è stata meno ferma verso le esecuzioni per reati non politici, anche se nei soli mesi di novembre e dicembre 2022, i più caldi delle proteste, sono state almeno 127 (oltre 2 al giorno!). Quasi la metà dei giustiziati dall’inizio delle proteste e un 44% degli impiccati nell’arco di tutto l’anno erano stati condannati a morte per reati legati alla droga senza che né l’Ufficio per la droga e il crimine delle Nazioni Unite (UNODC) né i paesi che ne finanziano i progetti in Iran abbiano espresso la benché minima critica.
L’aumento delle esecuzioni è andato di pari passo con l’intensificarsi del silenzio che le ha avvolte. Solo l’1% di quelle per droga e giusto un piccolo 12% di tutte le altre sono state pubblicamente dichiarate dal regime. Sul resto, silenzio.
A pagare il prezzo della repressione come sempre sono state le minoranze etniche.
I giustiziati baluci costituiscono il 30% del totale nonostante costituiscano solo circa il 4% della popolazione iraniana. Per il resto gli Ayatollah hanno mandato sulla forca persone accusate di omicidio, compresi 3 minorenni al momento del fatto e 13 donne. In Iran non c’è differenza tra omicidio premeditato e omicidio colposo. In entrambi i casi, viene riconosciuto ai parenti della vittima il potere di vita o di morte. Se decidono di far morire il condannato sono incoraggiati a eseguire personalmente la condanna.
Da quando sono state istituite 44 anni fa, le Corti rivoluzionarie continuano a essere fonte primaria di condanne a morte in un contesto in cui il giusto processo è una chimera tra confessioni estorte con la tortura, negazione del diritto alla difesa in un sistema in cui sostanzialmente manca la separazione dei poteri, tutto dovendo ricondursi e ubbidire alla Guida Suprema. È accaduto così che Mohsen Shekari che aveva bloccato una strada rovesciando bidoni di immondizia e portava un coltello per autodifesa sia stato arrestato il 25 settembre, torturato, processato senza che avesse un avvocato e condannato a morte per moharebeh (guerra contro Dio) in un processo mediatico che ha steso un tappeto rosso alla sua impiccagione avvenuta a soli 75 giorni dall’arresto. Un’impiccagione avvenuta l’8 dicembre, il nostro giorno della Madonna.
Con le esecuzioni pubbliche è proseguita anche la consuetudine di catturare cittadini stranieri per usarli come arma di ricatto sotto minaccia di condannarli alla pena capitale e giustiziarli come è accaduto con Habib Asyoud (cittadino svedese iraniano) e Jamshid Sharmahd (tedesco iraniano). Aspettiamo allora l’esito di quello che l’epocale Missione conoscitiva internazionale istituita dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite lo scorso 24 novembre accerterà in merito alle violazioni dei diritti umani in Iran durante le manifestazioni “Donne, vita, libertà in Iran” e che presenterà durante la 55ma sessione del Consiglio nel marzo 2024.
Intanto però siamo tutti d’accordo – Iran Human Rights ed ECPM con Nessuno tocchi Caino – che vada stabilita subito una moratoria delle esecuzioni capitali in Iran. Ma soprattutto, che l’attenzione sulle esecuzioni e le violazioni dei diritti umani in questa dittatura teocratica vada mantenuta su ogni esecuzione non solo per quelle politiche. E che questa attenzione vada mantenuta anche quando i riflettori dei media si spengono o si affievoliscono come è avvenuto nelle scorse settimane sulle manifestazioni antiregime. Potrei dire, come Marco Pannella diceva sul carcere, che dall’Iran non ci si deve distrarre mai.