10 Dicembre 2022 :
Elisabetta Zamparutti su Il Riformista del 9 dicembre 2022Al macabro annuncio pochi giorni fa del capo della magistratura iraniana, Gholamhossein Ejei, - “i rivoltosi, condannati a morte saranno impiccati presto!” - ha fatto seguito la prima esecuzione. Mohsen Shekari, arrestato durante le proteste per aver bloccato una strada di Teheran e ferito con un coltello un membro delle forze paramilitari Basij, è stato impiccato ieri con l’accusa di moharebeh (inimicizia contro Dio).
È solo l’ultimo episodio di una violenza che salendo dalle tenebre del pensiero oscurantista dei Mullah si è riversata sulle donne e gli uomini di questo Paese per oltre quarant’anni stritolandoli fino a soffocarli. Tanto stretta è la presa che la settimana scorsa, per la prima volta nella storia, il Consiglio diritti umani dell’ONU ha avviato un’indagine indipendente sulla sanguinosa e brutale repressione delle proteste in Iran.
Quando ho letto che Maryam Rajavi, la Presidente eletta del Consiglio Nazionale della Resistenza dell’Iran (NCRI), nell’accogliere con favore la notizia, ha ritenuto quanto mai necessario che questa indagine internazionale contempli anche ispezioni nelle carceri ufficiali e in quelle segrete in Iran, in particolare quelle del Ministero dell’Interno e delle Forze di Sicurezza dello Stato, mi sono ritrovata. Mi sono ritrovata nell’accoglienza che Marco Pannella le ha sempre riservato quando è venuta in Italia e nella consapevolezza che sia proprio guardando ai luoghi di privazione della libertà che si può meglio comprendere la natura, il senso anche di ciò che accade fuori da quegli edifici.
È infatti nelle galere che sono stati buttati a decine di migliaia gli arrestati durante le manifestazioni. È lì che sono stipati a centinaia di migliaia altri detenuti per i più svariati motivi. È lì dunque che si può conoscere il volto di chi, dalla Guida suprema Ali Khamenei, al Presidente Ebrahim Raisi, passando per il capo della magistratura Gholamhossein Ejei si è reso responsabile a oggi delle almeno 576 esecuzioni compiute quest’anno (contro le almeno 365 del 2021) che come Nessuno tocchi Caino abbiamo contato e documentato giorno dopo giorno e che ora, dopo l’annuncio del capo della magistratura iraniana, rischiano di aumentare esponenzialmente. Finora sono state annunciate 11 condannane a morte per le proteste iniziate a metà settembre.
C’è chi parla di circa 30.000 arrestati durante le manifestazioni e la cifra mi ricorda l’agghiacciante numero di oltre 30.000 prigionieri politici, gran parte mujaheddin del popolo iraniano – oggi confluiti nella Resistenza iraniana – finiti sulla forca nel 1988 per mano di parte di coloro che oggi sono ai vertici di un Governo ultra-conservatore, ma in un Paese dove i cosiddetti “moderati” altro non sono che l’altra faccia della stessa medaglia.
Il fiume in piena di gente che inonda le strade persiane ininterrottamente dal 16 settembre ci deve far capire quanto sia necessario un cambiamento, innanzitutto nella politica italiana ed europea, che deve aprire un dialogo serio con gli oppositori al regime a partire da quelli che, sin dalla sua instaurazione, lo hanno combattuto. Innanzitutto la Resistenza iraniana e la sua leader Maryam Rajavi. Perché l’Iran non è il suo regime!
Lo sanno bene i parlamentari che danno vita ai Comitati per l’Iran libero in molti Paesi e che dalla settimana scorsa hanno pubblicamente espresso il loro sostegno con iniziative a cui è intervenuta la stessa Maryam Rajavi. È accaduto alla Camera dei Lords nel Regno Unito, come anche in Canada, in Belgio, Francia e Germania. Lo sappiamo bene anche in Italia, noi che il 7 dicembre, al Senato, abbiamo ascoltato la Rajavi parlare di una situazione irreversibile in Iran rispetto alla quale occorre che l’Unione Europea si liberi dalla politica di accondiscendenza nei confronti di questo regime per non correre il rischio di commettere lo stesso errore di valutazione che l’occidente fece con lo Scià. L’abbiamo ascolta in una conferenza presieduta dal Senatore Marco Scurria nel corso della quale è intervenuto Giulio Maria Terzi, oggi Presidente della Commissione Affari europei ed ex Ministro degli esteri che, nel portare il saluto del Presidente del Senato Ignazio La Russa, ha denunciato la nefasta alleanza che vede l’Iran fornire armi alla Russia per la guerra contro l’Ucraina come anche l’azione di destabilizzazione attraverso il sostegno dato a organizzazioni quali Hezbollah o la rete terroristica ormai giunta anche in Europa e che vede agenti nelle ambasciate iraniane.
Il tutto nel perseverare nella negazione perversa e pervicace della Shoah e dell’esistenza dello Stato di Israele. Negli interventi dei parlamentari Elisabetta Gardini, Luana Zanella, Dario Parrini, Alessandra Maiorino e Antonio Tasso è risuonato il sostegno alla novità storica delle giovani donne che portano avanti la rivolta in Iran, mentre il Ministro Carlo Nordio e Ilaria Cucchi hanno trasmesso i loro saluti. Insomma, l’aria pare cambiata anche da noi