07 Ottobre 2024 :
L'Alta corte di Kochi, nello stato indiano del Kerala, ha commutato in ergastolo la condanna a morte inflitta a Rajith, il principale condannato nel caso di omicidio del 2013 di una bambina di quattro anni a Chottanikkara, ha riportato il Times of India il 14 settembre 2024.
L’alta corte ha stabilito che l'accusa non è riuscita a dimostrare che l'atto costituisse omicidio premeditato, ritenendo invece che si tratti di un atto compiuto per causare lesioni personali che hanno causato la morte. La corte ha anche ridotto le condanne del secondo e del terzo imputato, Rani, la madre della bambina deceduta e Basil K Vasu, un amico di entrambi gli imputati, da un doppio ergastolo a un ergastolo singolo, con una multa di 75.000 rupie ciascuno.
Il collegio dei giudici A K Jayasankaran Nambiar e V M Syamkumar ha pronunciato la sentenza sull’appello presentato dall'imputato contro il giudizio di colpevolezza e la sentenza del tribunale di primo grado.
L'accusa sosteneva che l'imputato avesse brutalmente ucciso la figlia di quattro anni di Rani il 29 ottobre 2013, considerando la bambina un ostacolo al loro stile di vita ribelle. La vittima era la figlia di Rani da un precedente matrimonio. Sebbene Rani avesse denunciato la scomparsa della bambina alla polizia di Chottanikkara, si scoprì presto che la denuncia di scomparsa era uno stratagemma per fuorviare le indagini.
Il corpo della bambina fu poi trovato in una proprietà a Kadayikkavalavu.
In base agli atti, Rajith, Rani e Basil vivevano insieme in una casa in affitto, con Rajith che presentava Rani come sua moglie e Basil come fratello di sua moglie.
Rajith avrebbe aggredito la bambina lanciandola contro un muro, facendole sbattere la parte posteriore della testa, il che provocò la sua morte.
Il tribunale speciale di Ernakulam aveva inizialmente imposto la condanna a morte a Rajith e due ergastoli ciascuno a Rani e Basil, insieme a una multa di 125.000 rupie ciascuno.
Nell'esaminare l'appello, l’alta corte ha osservato che mentre l'accusa aveva dimostrato oltre ogni ragionevole dubbio che gli appellanti avevano cospirato e commesso i reati, il movente presentato, ovvero che l'imputato cercava di liberarsi della bambina che era percepita come un ostacolo, era ritenuto illogico.
L'accusa non è riuscita a dimostrare che Rajith avesse l'intenzione di uccidere la vittima. Di conseguenza, l’alta corte ha concluso che il reato equivaleva a omicidio colposo, piuttosto che a omicidio premeditato.