22 Ottobre 2019 :
Si è conclusa l’udienza della Corte Costituzionale chiamata a decidere sulla compatibilità dell’ergastolo ostativo con i principi costituzionali in relazione alla concessione dei permessi premio nei casi Cannizzaro e Pavone. Domani la Consulta valuterà altri due casi legati al 4 bis.
All’udienza di oggi ha partecipato Nessuno tocchi Caino, con l’Avv. Andrea Saccucci, che ha argomentato le ragioni dell’ammissibilità dell’intervento come terza parte e con i dirigenti Sergio d’Elia, Rita Bernardini, Maria Brucale ed Elisabetta Zamparutti. Analoga richiesta era stata avanzata dal Garante Nazionale per i Detenuti, dall’Unione Camere Penali e da un ergastolano, Marcello dell’Anna.
“Siamo di fronte ad una occasione storica, quella di riconoscere, come ha già fatto la CEDU nel caso Viola vs Italia, che il ravvedimento di un ergastolano possa essere valutato dal magistrato di sorveglianza anche sulla base di un autentico ravvedimento e non solo sulla base del criterio utilitaristico della collaborazione” hanno dichiarato i dirigenti di Nessuno tocchi Caino. “Siamo fiduciosi nei confronti della Corte e anche se non ammessi come terza parte interveniente continueremo a monitorare l’attuazione della sentenza Viola vs Italia agli occhi degli organismi internazionali” ha continuato Nessuno tocchi Caino. “A tal fine abbiamo comunicato al Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa (Rule 9(2)) di tenere conto del monitoraggio che Nessuno tocchi Caino condurrà sull’esecuzione della sentenza CEDU. Inoltre, abbiamo incardinato la prima azione collettiva di 252 ergastolani ostativi al Comitato Diritti Umani delle Nazioni Unite e abbiamo sollevato il problema anche nel processo di Revisione Periodica Universale (UPR) dell’Onu nei confronti dell’Italia che sarà discusso a novembre a Ginevra.”
“Basta con i falsi allarmismi! – hanno concluso D’Elia, Bernardini, Brucale e Zamparutti. La fine della collaborazione con la giustizia come unico criterio di valutazione del ravvedimento non farà altro che restituire ai magistrati di sorveglianza un potere che prima del 1992 avevano e cioè quello di valutare caso per caso, sentita la Procura antimafia, il cambiamento del detenuto e l’attualità o meno della sua pericolosità”.