02 Gennaio 2021 :
Riceviamo e pubblichiamo l'ennesima lettera-denuncia arrivata a Nessuno tocchi Caino dal "Petrusa", il Carcere di Agrigento dove nulla pare sia cambiato, dopo le visite di Rita Bernardini e le interrogazioni parlamentari di Roberto Giachetti.
Lettera di Andrea Cassia* pubblicata su Il Riformista del 31 dicembre 2020
“Sono detenuto nel reparto Alta Sicurezza della Casa Circondariale di Agrigento dal 16 luglio 2013, giorno in cui ebbe inizio il mio "calvario". Già in passato ebbi modo di udire delle strane analogie che accostavano questo istituto al penitenziario americano di Alcatraz. Sì, proprio a quella struttura che nell'immaginario collettivo suscitava sofferenza a dismisura, maltrattamenti e torture tanto decantate nelle pellicole hollywoodiane, ma nulla poteva farmi anche lontanamente pensare che tutto ciò che stavo vivendo fosse reale in barba a qualsiasi legge europea sui diritti dell'uomo prima ancora che alla nostra tanto promettente quanto inefficiente Costituzione.
E se oltre il danno deve esserci anche la beffa, questa si materializzava nelle nostre svariate forme di protesta (istanze al direttore o al magistrato di sorveglianza, scioperi della fame, mancati rientri nelle camere di pernottamento, ecc.) che puntualmente, dopo l'apparente concessione volta a calmare le pacifiche rivolte, si concludevano in un nulla di fatto.
Questo accadeva per assenza di acqua calda in cella; mancanza di riscaldamenti; sovraffollamento di 2 o anche 3 detenuti in celle create per ospitare una sola persona; infiltrazioni d'acqua dai tetti che ancora oggi si verificano nonostante la recente ristrutturazione; assenza pressoché totale di figure di vitale importanza come educatore e psicologo; area sanitaria, se così si può chiamare, carente in tutto; finestre delle celle arrugginite con conseguenti spifferi nonché infiltrazioni di acqua; saletta destinata alla socialità tra detenuti utilizzata anche come locale di spartizione spesa, scuola, cucina didattica, chiesa, oratorio, palestra e quant'altro e pure priva di bagno; sala colloqui con evidenti infiltrazioni d'acqua prive di caloriferi e maleodorante; bagni privi di infissi o, in alternativa, di aeratori funzionanti; assenza di bidet e doccia nelle celle; assenza di colloqui in "area verde" o aree ludiche nelle sale colloqui per i bambini in tenera età; TV con solo 10 reti funzionanti; mancanza di WC nella sala di attesa adibita alla consegna dei documenti di riconoscimento da parte dei nostri familiari quando vengono ai colloqui; carrello del vitto giornaliero in cui i pasti, da prassi, arrivano freddi o ancora semicrudi; erogazione idrica spesso e soprattutto nel periodo estivo interrotta senza alcun preavviso che nei casi peggiori ha costretto i detenuti ad espletare i bisogni fisiologici in secchi o bottiglie di plastica.
Più volte, come sappiamo, l'Italia è stata condannata dalla Corte europea per le palesi violazioni dei diritti dell'Uomo nelle nostre carceri, ma nulla o quasi si concretizza nel merito e laddove esiste una legge che possa intervenire in soccorso di una violazione di tali diritti questa viene ignorata dai magistrati, garanti supremi del rispetto della legge, come quelli di sorveglianza, con le motivazioni le più folcloristiche e tracotanti di sarcasmo.
È infatti ormai di pubblico dominio che della "legge Torreggiani" ad Agrigento non si possa usufruire in quanto anche d'inverno la nostra amata Sicilia gode di un clima mite. Non voglio nascondermi dietro un dietro un dito e razionalmente penso a quanto sia giusto scontare la pena se si è riconosciuti colpevoli di reato.
Ma non posso e non voglio credere di trovarmi sul banco degli imputati di un tribunale della Santa Inquisizione dove dei Torquemada di età contemporanea ordinano ed eseguono roghi quanto mai attuali. Infine, mi permetta di chiudere con una massima che ho letto di recente in un libro. Essa citava: "Il grado di civiltà di un Paese lo si misura anche dallo stato delle sue carceri".”
*Detenuto presso la Casa circondariale di Agrigento