24 Luglio 2024 :
Sergio D’Elia su Affari Italiani del 23 luglio 2024
Sono 58 le persone private della libertà che si sono tolte la vita a oggi, 19 luglio, a cui vanno aggiunti 6 agenti della polizia penitenziaria. Altri 65 detenuti sono morti per cosiddette “cause naturali”.
Negli ultimi 10 anni, sono 612 le persone detenute che si sono tolte la vita, altre 1.480 persone sono morte per cause dette “naturali”, il totale fa 2.092.
Inciviltà
Non può essere questo il modo, incivile e inumano, di concedere la “liberazione anticipata” delle persone private della libertà: la liberazione dal carcere tramite suicidio o tramite “morte naturale”. Nulla di quel che accade in carcere può essere definito “naturale”, il carcere è un luogo di per sé contro natura: la natura umana è incompatibile con uno stato di privazione della libertà, che poi diventa di privazione di tutto: della vita, della salute, dei più significativi rapporti umani e degli stessi sensi umani fondamentali: la vista, il tatto, l'udito, l'olfatto e il gusto.
Amore negato
In carcere è negato l’amore, il sentimento umano fondamentale, per cui vale la pena vivere. Per la sua privazione si muore: ci si toglie la vita per mancanza di amore o si muore di crepacuore, si ferma il cuore per mancanza di amore (poi, la statistica classifica questi eventi tragici tra le morti per cause naturali). “Cimiteri dei vivi” chiamava le carceri Filippo Turati all’inizio del secolo scorso. Nulla è cambiato, questo è il carcere, un luogo dove è concentrato tutto quello di inumano, incivile e mortifero che nella storia dell’umanità abbiamo abolito, perché, appunto, inumano, incivile, mortifero: i luoghi di tortura, i bracci della morte, i manicomi, i lazzaretti.
Le celle di isolamento
“Cimiteri dei vivi” sono le celle di isolamento, le sezioni di osservazione, ordine e sicurezza, i reparti di transito e di cosiddetta “prima accoglienza”, di assistenza detta “sanitaria” del “carcere normale”, dove sono cumulati e tumulati i “tossici”, i minorati fisici, malati terminali e malati mentali che in altri tempi tenevamo in luoghi di cura, non di pena.
I reparti
Sono questi i reparti del carcere, che sono i più isolati e privati di significativi contatti umani, dove avvengono i suicidi! Siamo in una situazione con 61.500 detenuti ristretti, è il caso di dire, in 47.000 spazi regolamentari, con un sovraffollamento quindi di almeno 14.000 detenuti in più rispetto agli spazi legali disponibili. E’ impossibile, nelle condizioni di sovraffollamento attuali, pianificare qualsiasi opera, non solo di rieducazione e di inserimento sociale, come prevede la nostra Costituzione e il nostro Ordinamento penitenziario, ma anche l’obiettivo minimo di proteggere la vita e la salute di chi è detenuto e, quindi, è sotto la custodia dello Stato, il quale ha la responsabilità giuridica e morale di tutto ciò che accade alla persona privata della libertà.
Il sovraffollamento
Il fatto è che il sovraffollamento rende il carcere un luogo di privazione non solo della libertà ma di tutto, della salute fisica e psichica e anche della vita, non solo dei detenuti, ma anche dei “detenenti”, come Pannella chiamava gli operatori penitenziari, vittime anche loro insieme ai detenuti delle stesse condizioni inumane e degradanti. Allora, mi chiedo: allo Stato non importano i diritti umani dei detenuti? La vita dei detenuti non vale niente? Lo Stato si preoccupi, si occupi allora dei suoi servitori, dei direttori, degli educatori, dei poliziotti penitenziari vittime anche loro del degrado delle carceri, sotto organico come sono, costretti a turni massacranti, a lavorare in luoghi malsani e violenti, patogeni e criminogeni. Per ridurre il carico di dolore che grava sul sistema carcerario, ci vorrebbe, come minimo, l’aumento dei giorni di liberazione anticipata per buona condotta, come prevede la proposta di legge di Roberto Giachetti, di Rita Bernardini e di Nessuno tocchi Caino, per la quale stiamo lottando (il 23 luglio la Camera dei Deputati è convocata per il voto).
Atti di clemenza
Anche se ci vorrebbero ben altri e consistenti atti di clemenza come amnistie e indulto, riforme strutturali necessarie per contenere il sovraffollamento nelle carceri e il sovraffollamento nei tribunali paralizzati da 5 milioni di processi penali pendenti. Ma “un indulto – dice Nordio- sarebbe una resa dello Stato”. E il sovraffollamento e i suicidi in carcere cosa sono? Una tortura dello stato ai danni di persone sottoposte alla sua custodia. E’ un reato ben più grave! Non è una esagerazione parlare di tortura. Lo dice la Corte europea dei diritti dell’uomo con la sentenza Torreggiani del 2013 che ha condannato l’Italia per il sovraffollamento, una violazione dell’articolo 3 della convenzione europea, per intenderci, quella che vieta la tortura e i trattamenti inumani e degradanti.
*Segretario di Nessuno tocchi Caino