20 Luglio 2015 :
Obama ha visitato l’El Reno Federal Correctional Institution in Oklahoma, un istituto considerato “di media sicurezza” con 1300 detenuti. Le telecamere lo hanno seguito durante tutta la visita, la prima di un presidente USA in carica in un penitenziario. Ha avuto un colloquio con 6 detenuti per fatti di droga. Il Presidente è poi entrato nella cella 123 (vuota), e al termine della visita ha rilasciato alle telecamere alcune dichiarazioni. La più importante forse è quella in cui dice: “Quando hanno descritto la loro giovinezza e la loro adolescenza… queste sono persone che da giovani hanno commesso errori che non sono poi tanto diversi da errori che ho fatto io, errori che hanno fatto anche molti di voi (riferendosi ai giornalisti che lo accompagnavano)”. “La differenza è che loro non hanno avuto quel tipo di strutture di supporto, le seconde occasioni, le risorse che avrebbero permesso loro di sopravvivere ai loro errori. Credo noi abbiamo la tendenza a volte a dare per scontato o considerare normale che così tanti giovani finiscano intrappolati nel nostro sistema giudiziario. Ma non è normale, non è quello che succede in altri paesi”. “Quello che è normale è che gli adolescenti facciano cose stupide. Quello che è normale è che i giovani commettano errori, e noi dovremmo imparare a distinguere tra gli individui veramente pericolosi che devono essere neutralizzati e carcerati, e i giovani che risentono del fatto che cercano di adattarsi all’ambiente in cui vivono, ma che se avessero opportunità diverse, una diversa visione della vita, potrebbero svilupparsi, e diventare come noi. Credo sia qualcosa sulla quale dobbiamo tutti riflettere”. Riassumendo l’incontro con i 6 detenuti (che in autunno sarà riversato in un documentario che sta preparando la HBO), Obama ha detto: “Ognuno di loro ha riconosciuto di aver fatto qualcosa di sbagliato, e si assumono la responsabilità delle loro azioni, ma ci chiedono anche di valutare se non c’erano altri modi in cui la società poteva occuparsi di loro, entrare in contatto con loro nelle fasi precedenti della vita, in modo che potessero tenersi fuori dai guai”. “Dobbiamo domandarci se sia questo il modo più intelligente di affrontare la questione, di controllare i reati e riabilitare le persone. Dobbiamo domandarci se condannare a 20, 30 anni, o all’ergastolo persone che non hanno commesso reati di sangue sia il modo migliore di risolvere i problemi”.Obama ha visitato il carcere accompagnato da Charles Samuels, direttore dell’Amministrazione Penitenziaria federale (negli Usa le carceri sono distinte nettamente tra carceri federali e di stato, che si chiamano prison o penitentiary, e le carceri di contea o locali, dove gli imputati vengono tenuti prima del processo o in caso di pene inferiori ad un anno, che si chiamano jail) e un agente penitenziario, Ronald Warlick.
Obama si era occupato di carcere anche nei giorni precedenti. Il 13 luglio aveva firmato 46 provvedimenti di clemenza per altrettanti detenuti accusati di reati non di sangue legati alla droga, 14 dei quali erano stati condannati all’ergastolo. Sono 95.000 i detenuti per reati di droga che stanno scontando la pena nelle carceri federali, il 48,6% dell’intera popolazione detenuta federale. L’80% è di origine ispanica o afroamericana. Dalla primavera 2014 ad oggi, in 35.000 hanno fatto richiesta di una riduzione di pena, che nel sistema federale deve essere approvata dal Presidente. Con quelle concesse il 13 luglio, Obama ne ha firmate 89, un numero piccolo, ma che è comunque più di quante ne hanno firmate gli ultimi 4 Presidenti messi assieme. Il 14 luglio Obama ha tenuto un discorso davanti al 106° congresso nazionale della NAACP, che si è tenuto a Philadelphia. La National Association for the Advancement of Colored People è la più importante associazione americana per i diritti civili, alla quale a suo tempo ha appartenuto anche Martin Luther King. Molti presidenti hanno tenuto discorsi davanti all’assemblea annuale della NAACP, ma è sicuramente la prima volta che un presidente in carica tocca tanti temi legati alla giustizia, e tanto in profondità. Il Presidente ha auspicato cambiamenti praticamente in ogni settore, dal primo contatto con gli agenti di polizia, al potere discrezionale dei procuratori nello scegliere i capi d’imputazione e dei giudici di determinare la lunghezza delle pene, all’uso eccessivo del regime di isolamento in carcere, alla necessità di fornire una formazione professionale ai detenuti nell’imminenza del loro rilascio. Di seguito, alcuni passaggi del Presidente, che secondo gli osservatori influenzeranno certamente la riforma della giustizia in discussione davanti al Congresso nelle prossime settimane. Sull’uso della forza da parte della polizia. “Negli ultimi anni, gli occhi di molti americani si sono aperti su questa verità. In parte a causa delle telecamere, in parte a causa delle tragedie, in parte perché le statistiche non possono essere ignorate. Non possiamo più chiudere gli occhi, e la buona notizia, e questa è veramente una buona notizia, è che le persone per bene di tutte le convinzioni politiche stanno iniziando a pensare che abbiamo bisogno di fare qualcosa per questo". Sulle condanne troppo alte nei confronti di reati di droga di basso livello: “In veramente troppi casi, semplicemente la condanna è sproporzionata al reato. Se sei un piccolo spacciatore, o se hai violato le norme sulla libertà condizionale, hai sicuramente un debito da saldare con la società. Ma non può essere una condanna a 20 anni. Non può essere una condanna all’ergastolo. Condanne del genere sono sproporzionate rispetto al prezzo che è giusto pagare. E tra l’altro, sono sproporzionate anche per il costo che viene imposto a chi paga le tasse per mantenere i detenuti”. “Ogni anno spendiamo 80 miliardi di dollari per tenere la gente in carcere. 80 miliardi. Rendiamoci conto: con 80 miliardi potremmo dare l’asilo gratis su tutto il territorio Usa ai tutti i bambini di 3 e 4 anni. Con 80 miliardi potremmo raddoppiare gli stipendi di tutti i professori di liceo, oppure potremmo finanziare nuove strade, ponti, e aeroporti, formazione professionale, e finanziare la ricerca scientifica… con quello che spendiamo in un anno per mantenere il regime di carcerazione di massa che è in vigore nel nostro paese, potremmo eliminare tutte le rette e le tasse in tutti i nostri college e nelle università pubbliche”.
Come ha detto Rand Paul, senatore repubblicano e candidato alle prossime presidenziali, tenere in carcere tanto a lungo tante persone condannate per reati non violenti di droga costa tanto ai contribuenti, e non aumenta per niente il loro livello di sicurezza. Oggi circa un terzo del budget del ministero della giustizia è speso nelle carceri. Un terzo… ma ogni dollaro speso per tenere dentro decine di migliaia di piccoli spacciatori, è un dollaro in meno che si può spendere per dare la caccia ai grandi narcotrafficanti, ai capi dei cartelli, ai terroristi, o un dollaro in meno che non si può spendere per assumere nuovi poliziotti e dare così una protezione più efficace alle comunità”. Sulle disparità legate alla razza. "E poi, naturalmente, ci sono i costi che non possono essere misurati in dollari e centesimi. Perché le statistiche su chi viene incarcerato dimostrano che, con ampio margine, l’impatto sulle comunità di colore è sproporzionato. Afro-americani e ispanici costituiscono il 30 per cento della nostra popolazione; essi costituiscono il 60 per cento dei nostri detenuti .... La linea di fondo è che in troppi luoghi, ragazzi neri e uomini neri, ragazzi ispanici e uomini ispanici provano l’esperienza di essere trattati in modo diverso davanti alla legge .... Questo non è solo aneddotica. Queste non sono solo chiacchiere da bar". “Una delle conseguenze di questa cosa è che circa un milione di padri sono dietro le sbarre. Circa un bambino su 9 tra gli afroamericani ha un genitore in prigione… la nostra nazione viene sistematicamente derubata di uomini e donne che potrebbero essere dei lavoratori, e dei contribuenti, che potrebbero partecipare più attivamente alla vita dei loro figli, che potrebbero essere d’esempio nei loro ruoli, che potrebbero essere leader nelle loro comunità. E invece sono rinchiusi per reati non violenti. È evidente che il nostro sistema giudiziario non è intelligente come dovrebbe essere, né ci garantisce sicurezza come dovrebbe”. Sulle modifiche da apportare al potere discrezionale dei procuratori federali. “Sotto la direzione degli Attorney General Eric Holder, e ora Loretta Lynch, abbiamo adottato una linea di condotta che abbiamo chiamato “smart on crime” ossia “furbi contro il crimine”, che vuol dire concentrare l’attenzione e le risorse contro i criminali peggiori. Il ricorso alle sentenze minime obbligatorie è calato del 20% rispetto all’anno precedente. L’idea è che non c’è sempre bisogno di condannare una persona al massimo della pena. Un buon procuratore deve essere proporzionato. E alla fine, si scopre che stiamo risolvendo lo stesso numero di casi, che stiamo ottenendo lo stesso numero di dichiarazioni di colpevolezza. Il sistema funziona, stiamo semplicemente eliminando gli eccessi”. Sull’effetto che la riforma della giustizia dovrebbe avere sulle comunità: “Credo che il crimine sia come una qualsiasi altra epidemia: la cosa migliore è fermarla prima che inizi. Ripeterò quello che ho già detto centinaia di volte… se investiamo sui nostri bambini, alla fine avremo meno bisogno di arrestarli. Uno studio ha dimostrato che per ogni dollaro che abbiamo speso in progetti di prevenzione, ne abbiamo risparmiati almeno due in quella che è una generale riduzione del crimine, e delle spese ad esso collegate, compreso il carcere. Trovare un lavoro estivo per un adolescente costa una frazione di quanto costa invece tenerlo carcerato 15 anni”. Sul percorso troppo breve dalla scuola al carcere: “Quello che non ha senso è trattare interi quartieri come poco più che “zone pericolose”… posti come West Philly (Philadelphia, ndt) o West Baltimore, o Ferguson, Missouri, sono anche loro America. Non sono separate. Fanno parte dell’America come qualsiasi altro luogo, i figli lì sono figli americani, esattamente come lo sono i vostri figli e i miei figli. Dobbiamo garantire che i ragazzi e le ragazze di quelle comunità siano amati, e ricevano affetto, supporto, nutrimento, e qualcuno investa su di loro”. “E dobbiamo avere gli stessi standard per questi ragazzi come li abbiamo per i nostri propri figli. Se sei un genitore, lo sai che ci sono delle volte in cui un figlio si comporta male a scuola. E la domanda è: i problemi di alcuni studenti li facciamo risolvere a genitori e presidi, quelli di altri figli invece li facciamo risolvere dalla polizia. Non è la cosa giusta da fare. Dobbiamo essere sicuri che il nostro sistema di giustizia minorile si ricorsi che i ragazzi sono diversi, non bisogna semplicemente etichettarli come futuri criminali, ma trattarli come futuri cittadini”. Sulla riforma delle pene: “Sui reati di droga che non implichino l’uso di violenza dobbiamo abbassare le pene minime obbligatorie, o eliminarle del tutto. Dare ai giudici il potere della discrezionalità sui reati non violenti, in modo che potenzialmente possano indirizzare una persona che ha commesso un errore verso una direzione migliore… dobbiamo chiedere ai procuratori di utilizzare la discrezionalità che già hanno affinché perseguano la punizione migliore, cioè quella che avrà effetti migliori, non semplicemente la pena più lunga. Dovremmo investire in alternative al carcere, come ad esempio sezioni di tribunale dedicate ai reati di droga, e su programmi di trattamento, e programmi di libertà provvisoria, tutte cose che tra l’altro farebbero risparmiare migliaia di dollari l’anno per ogni detenuto ai contribuenti. Sulla riforma carceraria: “Alcuni criminali devono sicuramente andare in carcere. E come ci ricorda il senatore repubblicano John Cornynhas, virtualmente tutte le persone detenute nelle nostre carceri prima o poi finiranno di scontare la loro pena, e dovranno essere rilasciate. Questo è perché dopo le riforme nella comunità e nel sistema giudiziario, la terza riforma di cui abbiamo bisogno è la riforma delle carceri. Le persone che sono in carcere hanno commesso degli errori, a volte errori grandi, ma sono anche degli americani. E dobbiamo essere sicuri che mentre scontano la loro pena, e saldano il debito con la società, aumentino per loro le possibilità che possano dare una svolta alla loro vita… non dovremmo tollerare condizioni di detenzione che non hanno equivalenti nel mondo civilizzato. Non dovremmo tollerare prigioni sovraffollate, non dovremmo tollerare le attività delle gang all’interno delle carceri, non dovremmo tollerare gli stupri in carcere, e su cose del genere la nostra cultura non dovrebbe creare barzellette. C’è poco da scherzare. Queste cose sono inaccettabili”. Sul regime di isolamento: “Ho chiesto al mio Procuratore Generale di avviare una revisione dell’uso eccessivo del regime di isolamento che si fa nelle prigioni americane. Le scienze sociali sanno che in un ambiente del genere i detenuti di solito non migliorano, ma diventano più alienati, più ostili, potenzialmente più violenti. Pensiamo davvero che abbia senso chiudere così tante persone da sole in piccole celle per 23 ore al giorno, per mesi, a volte per anni? Una cosa del genere non aumenterà la nostra sicurezza, non ci renderà più forti, e se quelle persone saranno mai rilasciate, come potranno mai adattarsi. Le nostre carceri dovrebbero essere posti dove possiamo formare le persone per mestieri che possano aiutarle a trovare un lavoro, e invece li formiamo a diventare criminali più duri”. Sulla formazione professionale per i detenuti e sulle opportunità per gli ex-detenuti: “In alcuni posti le cose vanno meglio che in altri. La Montgomery County, in Maryland, ha aperto un centro di formazione professionale all’interno del carcere per aiutare le persone a iniziare pensare cosa potrebbero fare invece che commettere altri reati. È una buona idea. Un’altra buona idea, che sta avendo supporto bipartisan al Congresso: concediamo sconti di pena ai detenuti se completano programmi che rendano meno probabile una loro recidiva. È meglio investire in nuovi approcci innovativi che creino un collegamento tra detenuti e datori di lavoro, e aiutino i detenuti a rimanere nei binari”. “Facciamo come stanno facendo un numero crescente di nostri stati, e città, e imprese private che hanno deciso di eliminare dal modulo per chiedere un posto di lavoro la voce sui precedenti penali. In questo modo gli ex detenuti che hanno terminato di scontare la pena e stanno tentando di reinserirsi nella società non vengono fermati già al momento del colloquio di lavoro. E se hanno finito di scontare la loro pena, e sono rientrati nella società, dovrebbero essere messi in grado di votare”.
(Fonti: nbcnews.com, Nessuno tocchi Caino, 16/07/2015)