MOZIONE GENERALE DELL’VIII CONGRESSO DI NTC

Elisabetta Zamparutti

23 Dicembre 2019 :

 

Approvata all’unanimità

L’VIII Congresso di Nessuno tocchi Caino, tenuto nella Casa di Reclusione di Opera (Milano) il 20 e 21 dicembre 2019,

Consapevole che, in nome dell’intangibilità della dignità umana, Nessuno tocchi Caino ha condotto al successo la campagna per la moratoria delle esecuzioni capitali all’Assemblea generale delle Nazioni Unite trainando l’Italia in un ruolo da protagonista, ritiene sempre più urgente e necessario ampliare la sua missione al conseguimento di obiettivi volti a superare, a partire dall’Italia, oltre che la pena di morte, anche la pena fino alla morte e la morte per pena.

Ricorda con affetto e riconoscenza Marco Pannella, in particolare, per il suo Spes contra Spem lanciato proprio nel Carcere di Opera nel congresso di quattro anni fa e che ha ispirato, guidato e nutrito la campagna contro il “fine pena mai”; ringrazia – per tutti – i detenuti condannati all’ergastolo protagonisti del docu-film di Ambrogio Crespi Spes contra Spem - Liberi dentro che contro ogni speranza sono stati speranza, determinando con il loro cambiamento anche l’orientamento dei giudici delle più alte giurisdizioni in Europa e in Italia.

Saluta con soddisfazione la sentenza della Corte Europea per i Diritti dell’Uomo, divenuta definitiva l’8 ottobre 2019, sul caso Marcello Viola verso Italia patrocinato dall’avvocato Antonella Mascia e sostenuto, tra le altre terze parti intervenienti, dagli accademici ed esperti coordinati dal Prof. Davide Galliani dell’Università degli Studi di Milano e dal Prof. Andrea Pugiotto dell’Università di Ferrara. La decisione della Corte di Strasburgo è una pietra miliare sulla via dell’abolizione del fine pena mai, con la quale si afferma in Italia, oltre che in Europa, il diritto alla speranza come un diritto umano fondamentale, finora negato dall’ergastolo ostativo, considerato dalla Corte un problema “strutturale”, essendo circa 1.200 i detenuti che scontano questo tipo di pena sui circa 1.700 ergastolani italiani.

Saluta inoltre con soddisfazione la sentenza della Corte Costituzionale italiana n. 253 del 23 ottobre 2019 che ha aperto un’ulteriore breccia nel sistema del fine pena mai e nell’intero impianto ostativo poiché ha dichiarato incostituzionale, per ora per i permessi premio – ma che non potrà non valere anche per gli altri benefici penitenziari secondo la progressività del trattamento –, la presunzione assoluta di pericolosità sociale nei confronti dei detenuti per tutti i reati di cui all’art 4 bis, primo comma, dell’Ordinamento penitenziario. La decisione della Corte Costituzionale è un primo passo nella codificazione anche in Italia del diritto alla speranza come più volte affermato nella giurisprudenza della Corte EDU ed infrange il totem della collaborazione con la giustizia come unico criterio di valutazione del ravvedimento, della rottura con logiche criminali del passato e del cambiamento dei detenuti per i reati di criminalità organizzata. Con questa sentenza, la speranza ha prevalso sulla paura, lo Stato di Diritto ha vinto contro la Ragion di Stato che per troppi anni, in nome dell’emergenza, ha stravolto i principi costituzionali.

Impegna gli organi dirigenti a proseguire nella battaglia contro la pena di morte nel mondo e a intensificare l’azione di promozione e pressione, a partire dall’Africa, volta a ottenere altri sostegni alla nuova Risoluzione pro-moratoria in vista dell’Assemblea generale del 2020.

Impegna gli organi dirigenti a condurre il monitoraggio sull’esecuzione della sentenza Viola verso Italia e comunicarne gli esiti al Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa e a continuare a sostenere l’azione collettiva di 252 ergastolani ostativi che, grazie all’Avv. Andrea Saccucci, è stata incardinata a Ginevra davanti al Comitato Diritti Umani delle Nazioni Unite, valutando anche di adire ad altre sedi di ricorso a livello nazionale e internazionale.

Impegna gli organi dirigenti a proseguire nella battaglia contro l’ergastolo, specie nella sua variante ostativa, attraverso mirate questioni di costituzionalità nel solco della ratio decidendi della sentenza n. 253/19.

Impegna gli organi dirigenti a prendere iniziative di sensibilizzazione dell’opinione pubblica e di ricorso alle alte giurisdizioni nazionali e sovranazionali, volte a superare l’armamentario emergenzialista speciale di norme e regimi quali il sistema delle informazioni interdittive e delle misure di prevenzione antimafia, e delle procedure di scioglimento dei comuni per mafia, al fine di prevenire il crimine senza

distruggere la vita delle persone, combattere la mafia senza minare i principi dello Stato di Diritto e i diritti umani fondamentali.

Impegna gli organi dirigenti a prendere tutte le iniziative volte all'abolizione delle misure di sicurezza personali per i soggetti imputabili, così come voluto dai progetti di Riforma del Codice Penale scaturiti dalle Commissioni Grosso, Nordio e Pisapia. L'impegno deve essere in particolare rivolto all'abolizione delle misure di sicurezza detentive nelle cosiddette “case lavoro” o nelle colonie agricole, attraverso il ricorso alle giurisdizioni superiori quali la Corte Costituzionale e la Corte EDU per violazione di principi riguardanti la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali. I sette casi di detenuti che scontano la misura di sicurezza in regime di 41-bis sono emblematici della violazione del diritto a non essere giudicati o puniti due volte per lo stesso fatto.

Impegna gli organi dirigenti a prendere tutte le iniziative volte all'abolizione dell’isolamento, a partire dal regime di 41 bis e dell’isolamento diurno, tenuto conto dei documentati effetti lesivi, specialmente se prolungato nel tempo, che lo pongono in contrasto con il divieto di tortura e di trattamenti o punizioni disumane o degradanti. La stessa Assemblea Generale delle Nazioni Unite nelle Mandela Rules del 2015 ha ritenuto che l’isolamento, per un tempo indefinito o per un tempo prolungato, da intendersi come quello superiore a 15 giorni, deve essere proibito. Ha altresì dato per la prima volta una definizione di isolamento da intendersi come "la reclusione di un detenuto per 22 ore o più al giorno senza alcun significativo contatto umano", riaffermando il principio per cui “l’isolamento non deve essere comminato in sentenza”. Come ha stabilito il CPT, nel suo 21° Rapporto annuale del 2011, l’isolamento “non deve rientrare nel catalogo delle sanzioni penali.”

Impegna gli organi dirigenti a prendere iniziative volte a superare, dopo la pena di morte e la pena fino alla morte, anche la morte per pena, l’assurda convinzione per cui alla violenza e al dolore del delitto debbano necessariamente corrispondere una violenza e un dolore eguali e contrari, quelli inflitti dal giudizio e dal castigo propri del diritto penale e della sua appendice ultima, il carcere, un luogo strutturalmente di tortura e patimenti, di afflizione e trattamenti inumani e degradanti, per cercare di affermare l'alternativa, come ci richiamava Aldo Moro, “non tanto di un diritto penale migliore, ma di qualcosa di meglio del diritto penale”, non tanto di pene alternative, ma di alternative alla pena, quali sono quelle – già in atto e che vanno rafforzate – delle pratiche di riconciliazione e di riparazione, delle opere volontarie di pubblica utilità e di ogni altra forma di inclusione e reinserimento nella comunità.

 

altre news