23 Aprile 2015 :
Le vittime della strage della Maratona di Boston prendono posizioni diverse sulla pena di morte. Un editoriale del New York Times riporta i pareri di alcune vittime o familiari della vittime nel giorno in cui si apre la seconda fase del processo, quella in cui verrà determinata la pena. Contrari alla condanna a morte si sono dichiarati, con un editoriale pubblicato in prima pagina sul Boston Globe, Bill e Denise Richard, il cui figlio di 8 anni, Martin, è rimasto ucciso nella strage, e la cui figlia Jane ha perso una gamba.I signori Richard non hanno insistito tanto su una questione di principio, ma sulla necessità di chiudere il processo in tempi brevi, senza dover poi affrontare continue riaperture del caso, e il riaffiorare di ricordi dolorosi, come invece accadrebbe con i molti ricorsi disponibili per i condannati a morte.
Dopo la dichiarazione dei signori Richard, anche Jessica Kensky e Patrick Downes hanno preso una posizione pubblica contro la pena di morte per Tsarnaev. I due, sposati da poco, in passato avevano corso la maratona di Boston. Nell’esplosione del 2013 entrambi hanno perso una gamba. In una intervista al Boston Globe hanno detto: “All’inizio ci auguravamo che anche l’imputato provasse il dolore che abbiamo provato noi e le altre vittime. Ma ora ci basta sapere che non potrà mai più nuocere a nessuno, e ci auguriamo che il processo si concluda rapidamente e definitivamente, e l’imputato sparisca al più presto possibile dalla coscienza collettiva. Dobbiamo superare l’impulso di vendetta”.
Il 13 aprile Jennifer Lemmerman, sorella di Sean Collier, l’agente della security del Massachusetts Institute of Technology rimasto ucciso in un conflitto a fuoco con i 2 fratelli Tsarnaev il 19 aprile 2013, in una lettera al Boston Globe si è detta anche lei contraria alla condanna a morte per Dzhokhar Tsarnaev. “Quando qualcuno si dichiara contrario alla pena di morte, gli si dice sempre di immaginare come si sentirebbe se fosse il parente di una delle vittime. A me è stato dato questo orribile punto di vista, e posso dire che la mia posizione contro la pena di morte si è solo rafforzata”. Ha poi proseguito: “Non riesco a immaginare che uccidere in risposta ad un’uccisione possa darmi pace o giustizia… ho scelto di ricordare Sean per la luce che mi ha portato. Non voglio più buio”.
A favore della “condanna massima” si è invece dichiarata Liz Norden, i cui 2 figli hanno entrambi perso una gamba nell’esplosione. Queste prese di posizione in teoria non dovrebbero influenzare i giurati popolari, che hanno avuto disposizione di tenersi lontani dai notiziari e, come ulteriore precauzione, sono stati invitati a non partecipare alla nuova edizione della Maratona di Boston che si è corsa ieri.
Lo scorso 8 aprile a Boston una giuria popolare federale ha riconosciuto Dzhokhar Tsarnaev, 21 anni, bianco, colpevole di tutti i 30 capi di imputazione relativi alla strage della Maratona di Boston del 2013. 16 di questi capi di imputazione sono passibili di pena capitale. La pubblica accusa, rappresentata da Carmen Ortiz, è intenzionata a farlo. I difensori sosterranno invece che l’imputato, seppure certamente colpevole, ha però agito sotto la fortissima influenza psicologica ed affettiva del fratello maggiore, Tamerlan Tsarnaev.
Il 15 aprile 2013, nei pressi dell’arrivo della tradizionale Maratona di Boston, i due fratelli di origine cecena Tamerlan e Dzhokhar Tsarnaev furono ripresi dalle telecamere di sorveglianza mentre collocavano due bombe artigianali che, esplodendo poco dopo, causarono la morte di 3 persone e oltre 260 feriti. I morti furono Martin Richard, 8 anni, Krystle Campbell, 29 anni, e Lu Lingzi, 23 anni. Una quarta vittima, Sean Collier, un agente della security del Massachusetts Institute of Technology, rimase ucciso in un conflitto a fuoco con i 2 fratelli il 19 aprile.
Lo stesso giorno Tamerlan, 26 anni, rimase ucciso in un conflitto a fuoco con la polizia. Dzhokhar, che allora aveva 19 anni, venne arrestato il 24 aprile. Il giudice George A. O'Toole Jr. ha stimato che la fase di sentenza, iniziata oggi, dovrebbe durare circa 4 settimane. Statisticamente i dati sono favorevoli a Tsarnaev: da quando la pena di morte federale è stata reintrodotta nel 1988, i procuratori federali la hanno chiesta in 230 casi, ma è stata respinta dalla giurie popolari in 2/3 dei casi, e le esecuzioni, nello stesso periodo, sono state solo 3. Nel sistema penale federale, una condanna a morte può essere emessa solo all’unanimità.
(Fonti: New York Times, 21/04/2015)