04 Novembre 2025 :
31/10/2025 - INTERNAZIONALE. 42 nazioni nel mondo mantengono la pena di morte, ma non la applicano da almeno 10 anni
Un nuovo rapporto evidenzia come lo status di abolizione de facto nasconda gli “effetti umani, politici e giuridici” del mantenimento delle leggi sulla pena di morte
Un nuovo rapporto pubblicato in occasione del 40° anniversario della creazione da parte delle Nazioni Unite della categoria “abolizionist de facto” (ADF), Between Retention and Abolition: Making Sense of a Death Penalty Without Executions (Tra mantenimento e abolizione: comprendere il significato di una pena di morte senza esecuzioni), esamina il ruolo giuridico, politico e simbolico della pena di morte nei paesi che la mantengono ma che non hanno eseguito alcuna esecuzione negli ultimi 10 anni o hanno stabilito una moratoria ufficiale. Redatto dai ricercatori del Death Penalty Project con sede nel Regno Unito e della Death Penalty Research Unit dell'Università di Oxford, questo nuovo rapporto cerca di colmare le attuali lacune conoscitive sugli Stati con status ADF, includendo esempi di pratiche e motivazioni.
Sono 42 i paesi con status ADF, concentrati principalmente in Africa (20) e nei Caraibi (13). Sebbene questi paesi non compiano esecuzioni, essi differiscono per quanto riguarda il grado di attivazione dei loro sistemi di pena di morte. Alcune giurisdizioni continuano a infliggere nuove condanne a morte, con alcuni giudici che ricorrono alla pena capitale per indicare la gravità di un reato, pur sapendo che è improbabile che l'esecuzione venga eseguita. Nel 2024, nei paesi con status ADF sono state inflitte almeno 263 nuove condanne a morte. Il 70% dei paesi ADF ha un braccio della morte, che comprende una popolazione totale di almeno 2.850 individui, molti dei quali sono stati tenuti in detenzione in condizioni difficili per decenni, subendo danni psicologici permanenti simili a quelli riscontrati nei bracci della morte degli Stati che mantengono la pena di morte. La pena di morte svolge anche un ruolo simbolico, essendo utilizzata come strumento nel dibattito politico. Ad esempio, alcuni politici dei paesi ADF discutono dell'estensione della pena di morte a nuovi reati per il suo presunto effetto deterrente, che svolge un ruolo chiave nella loro retorica “dura contro il crimine”. Il rapporto propone un quadro teorico di “logiche concorrenti”. Ad esempio, lo status ADF potrebbe emergere quando una nazione ha bisogno di dimostrare internamente di essere “dura contro il crimine”, sospendendo al contempo le esecuzioni per evitare critiche internazionali.
Tradizionalmente, lo status di ADF era visto come un'indicazione del progresso di una nazione verso l'abolizione. Tuttavia, il rapporto osserva che molti Stati abolizionisti non hanno mai avuto lo status di ADF, che i paesi con status di ADF hanno talvolta ripreso le esecuzioni e che la maggior parte delle nazioni mantiene lo status di ADF per diversi decenni invece di muoversi verso l'abolizione. Il rapporto spiega che nei paesi con lo status di ADF esistono ulteriori ostacoli all'abolizione: con la mancanza di esecuzioni, il pubblico è meno consapevole e informato sulla pena di morte, mentre esiste l'“utilità simbolica e la convenienza politica” del suo mantenimento. Il rapporto richiama l'attenzione sugli “effetti umani, politici e giuridici nascosti del mantenimento delle leggi sulla pena di morte” e avverte che “il tempo può essere nemico del progresso”.










