21 Dicembre 2025 :
Sergio D’Elia su l’Unità del 20 dicembre 2025
Non dite a Marco Pannella che il “suo” Burkina Faso vuole reintrodurre la pena di morte. Sarebbe come uccidere una seconda volta il suo amico Thomas Sankara, il giovane Presidente assassinato nel 1987 nel corso di un colpo di stato ordito da Blaise Compaoré, il suo fidato compagno d’armi.
L’ex capitano dell’esercito era un mito per tutta l’Africa occidentale sub-sahariana. Diventato Presidente, cambiò subito il nome di Alto Volta in Burkina Faso, “la terra degli uomini integri”. Era l’annuncio di una missione: abolire gli sprechi statali e i privilegi delle classi agiate per abolire la miseria della sua gente. In tal modo, riuscì a costruire scuole, ospedali e case per la popolazione in estrema povertà. Piantò milioni di alberi nel Sahel per fermare l’avanzata del deserto. Rinunciò a qualunque beneficio personale come Presidente del Burkina Faso e al momento della morte – si racconta – gli unici beni in suo possesso si rivelarono essere un conto in banca di poche decine di dollari, una chitarra e la casa in cui era cresciuto.
Il leader radicale antimilitarista rimase affascinato dal caso più unico che raro di un militare africano convertito alla pace e all’armonia sociale, all’ordine positivo e alla vera sicurezza della nazione. Pannella riconobbe in lui quel che lui stesso era sempre stato, un simbolo di integrità e cambiamento. Al lutto della perdita dell’uomo della speranza africana, l’uomo che nella vita aveva incarnato la speranza, reagì a modo suo: con la nonviolenza dello sciopero della fame e della sete nella sua lotta senza tregua e senza frontiere contro lo sterminio per fame e per guerra in Africa.
Quando Sankara fu ucciso da un suo “fratello”, come è accaduto spesso nella lunga storia africana di guerre fratricide e violenti cambi di regime, Marco reagì con amore. Come Abramo ebbe fede, sperando contro ogni speranza in un destino diverso della storia. Come il Signore fece con Caino, Pannella pose su Compaoré un segno perché non lo colpisse chiunque l’avesse incontrato. Si recò più volte a Ouagadougou per incontrare l’assassino di Sankara, per farlo “vivere”, e con lui il Burkina Faso, nel modo più giusto e positivo che si potesse fare, continuando a costruire città, promuovendo l’ideale di giustizia e libertà per cui l’ex Presidente si era battuto.
Compaoré ha ascoltato Pannella solo sulla pena di morte. L’ha congelata per vent’anni finché non è stata abolita del tutto dieci anni fa. Per il resto, si è allontanato dal leader radicale e dal “compagno” socialista tradito e assassinato per prenderne il potere. Compaoré ha governato “la terra degli uomini integri” col pugno di ferro, senza umanità e integrità per quasi trent’anni. Fino all’ottobre del 2014, quando una rivolta popolare lo ha costretto a scappare. La storia si presenta spesso con la faccia truce di Nemesi al cospetto di chi con mezzo violento tradisce il suo nobile fine. Dopo un lungo processo, nell’aprile 2022, un tribunale militare ha condannato all’ergastolo Blaise Compaoré, alla pena fino alla morte, per la morte di Thomas Sankara, ucciso dal suo colpo di testa militare.
Nel settembre 2022, un “nuovo” colpo di stato ha portato al potere una “nuova” giunta militare. Sono stati messi a tacere i media, l’opposizione politica e i gruppi della società civile. Sono state approvate leggi per frenare il dissenso e una dura legge di emergenza per detenere arbitrariamente, far sparire forzatamente e arruolare illegalmente nelle forze armate giornalisti, oppositori politici, dissidenti e giudici. Il 4 dicembre 2025, la giunta militare ha continuato sulla via violenta della giustizia. Ha adottato un disegno di legge che ripristina la pena di morte. Dopo quasi un decennio che era stata abolita, dopo quasi un quarantennio dalla sua ultima esecuzione. In casi di “alto tradimento, terrorismo e atti di spionaggio”, non c’è scampo, la pena è quella capitale.
Il ripristino della pena di morte invia un messaggio agghiacciante a chi critica il governo. Ma il monito minaccioso appare illusorio nei confronti degli attuali apprendisti stregoni di pratiche terroristiche che desertificano la regione del Sahel che Sankara aveva fatto rinascere. È illusoria, la via della deterrenza militare, anche nei confronti di eventuali futuri golpisti di professione.
Colpi di stato, tribunali penali, militari e civili, non hanno mai spezzato, hanno semmai alimentato la catena di odii e vendette in Africa. A ripristinare un ordine e una sicurezza di lunga durata, sono riuscite solo istituzioni come la Commissioni Verità e Riconciliazione del Sudafrica e “corti sull’erba” come quelle del Ruanda. Le une e le altre hanno mostrato la forza gentile della giustizia, quella che non dimentica le vittime e ripara le ferite. A raccontare una storia di segno diverso, per un po’, era riuscito in Africa anche Thomas Sankara, il Presidente ribelle della “terra degli uomini integri”, il militare buono amato da Marco Pannella.











