11 Marzo 2023 :
Valerio Fioravanti su Il Riformista del 10 marzo 2023
Sirhan Sirhan nel 1968 uccise il senatore Robert Kennedy, il fratello minore di John Fitzgerald, che a sua volta era stato ucciso a Dallas nel 1963. Il 1° marzo è stata discussa per la diciassettesima volta la sua richiesta di libertà condizionale, che è stata respinta, e potrà presentare una nuova richiesta “non prima di 3 anni”. Quel giorno Sirhan avrà scontato 57 anni di carcere duro.
Sirhan oggi ha 78 anni. Nato a Gerusalemme da famiglia palestinese di origini giordane, cristiano, si era trasferito con i genitori negli Stati Uniti all’età di 12 anni. All’età di 24 anni, la sera del 4 giugno 1968, in una data che segnava il 1° anniversario della Guerra dei Sei Giorni, sparò al senatore Robert Kennedy, che a Los Angeles aveva appena vinto le primarie del Partito Democratico. Con quella vittoria Kennedy Junior si avviava a essere il candidato democratico alle presidenziali del novembre ‘68, elezioni che poi videro la vittoria del repubblicano Nixon.
Sirhan, le cui cartelle cliniche dell’epoca attestano problemi mentali e di alcolismo, si fece largo tra la folla, e colpì Kennedy con tre colpi di un revolver di piccolo calibro, un “22” a canna corta. Il primo colpo, esploso da pochi centimetri, prima della reazione della scorta, aveva colpito il senatore alla testa, e Kennedy morì poche ore dopo in ospedale.
Sirhan disse di aver voluto vendicare il suo popolo colpendo Kennedy, che in campagna elettorale continuava a dirsi favorevole a un appoggio incondizionato a Israele. Nel diario manoscritto di Sirhan compaiono più volte frasi come “Kennedy deve morire”, “Kennedy deve essere ucciso”, “Ucciderò Kennedy”.
Al processo gli avvocati impostarono la difesa sull’instabilità mentale dell’imputato, che avrebbe agito impulsivamente. La pubblica accusa esibì invece le pagine del diario, dove le ripetute accuse a Kennedy non vennero interpretate come segno di labilità mentale, ma di premeditazione.
Il giovane venne condannato a morte il 23 aprile 1969. Nel corso del tempo si svilupparono varie teorie “complottiste”, alimentate addirittura dal suo difensore, l’avvocato Pepper (difensore anche di James Earl Ray, l’assassino di Martin Luther King, ucciso pochi mesi prima di Kennedy Jr.), che arrivò a sostenere che Sirhan fosse innocente in quanto non aveva agito di sua volontà ma perché qualcuno lo aveva “programmato” attraverso l’ipnosi.
Nel 1972 per alcuni mesi la pena di morte in California venne dichiarata incostituzionale, e prima che la legge venisse modificata Sirhan e molti altri ottennero la commutazione delle condanne a morte in ergastolo. Allora non esisteva l’ergastolo senza condizionale. Per l’ergastolo “normale” la condizionale può essere chiesta dopo 25 anni. Maturati i termini, Sirhan ha presentato la richiesta di libertà condizionale 14 volte, ed è sempre stata respinta.
Al 15° tentativo le cose sembravano andare meglio: il 27 agosto 2021 la sua richiesta venne accettata, anche grazie a una innovativa presa di posizione di George Gascon, procuratore distrettuale della Contea di Los Angeles. Gascon, che in passato era stato anche vicecapo della polizia di Los Angeles, la città dell’omicidio, ritiene che il compito del pubblico accusatore termini con il processo, e che la Pubblica Accusa non debba interferire con chi è chiamato a valutare l’eventuale percorso rieducativo di un condannato. Per questo motivo, a differenza degli anni precedenti, la Pubblica Accusa non si era opposta a Sirhan. In più, la difesa aveva allegato le dichiarazioni di 2 degli 8 figli ancora in vita della vittima, Robert e Douglas Kennedy, e di Paul Schrade, che era accanto a Kennedy e venne ferito gravemente, seppure involontariamente, da Sirhan: erano favorevoli al rilascio. E alla Commissione era sembrato che l’uomo fosse “sufficientemente ravveduto”.
Dopo che la stampa aveva diffuso la notizia dell’esito positivo dell’udienza, gli altri 6 figli viventi della vittima (Joseph, Courtney, Kerry, Christopher, Maxwell e Rory Kennedy) avevano espresso il loro disappunto, invitando il governatore della California, Gavin Newsom, a porre il veto. Cosa che poi il governatore ha fatto, sostenendo che il ravvedimento che pure il prigioniero aveva dichiarato davanti alla Commissione e in alcune interviste, non fosse “abbastanza profondo”, visto il danno fatto all’intera nazione americana e agli 11 figli della vittima. E adesso la Commissione per la Condizionale, i cui membri sono tutti di nomina governatoriale, ha cambiato idea, e non pensa più che Sihran abbia espiato abbastanza. Adesso che Sirhan ha visto anche questa, secondo me, sì.