11 Giugno 2015 :
Kenlissia Jones, 23 anni, nera, è stata arrestata nei giorni scorsi nell’ospedale dove si era recata per i postumi di un aborto autoindotto con una pillola abortiva acquistata via internet.È accusata di omicidio volontario, reato che può comportare una condanna a morte.
Il caso è solo l'ultimo esempio di una donna degli Stati Uniti che è stata arrestata per l'assunzione di pillole abortive, anche se i sostenitori di entrambi i lati del dibattito sull'aborto in genere dicono che le donne disperate non dovrebbero affrontare il carcere per aver tentato di interrompere una gravidanza.
Secondo Walb-TV, Kenlissa Jones ha chiesto ad un vicino di casa di accompagnarla in ospedale lo scorso fine settimana perché aveva dei forti dolori addominali. In macchina, Jones ha espulso un feto di circa cinque mesi e mezzo, che è morto in ospedale circa 30 minuti più tardi. È stata arrestata dopo che un assistente sociale dell'ospedale ha detto alla polizia che la donna aveva acquistato un farmaco abortivo on line.
In Georgia, aborti dopo il primo trimestre di gravidanza possono essere eseguiti solo in un ospedale autorizzato, in una ambulatorio chirurgico con licenza, o in un clinica per aborti con licenza. La legge della Georgia vieta comunque gli aborti oltre la ventesima settimana.
Tuttavia, la legge della Georgia sul feticidio afferma esplicitamente che una donna non dovrebbe essere accusata di omicidio per aver tentato di porre termine alla propria gravidanza.
Una organizzazione che assiste spesso le donne che incorrono in accuse penali riferite agli aborti (National Advocates for Pregnant Women, NAPW), dice che il caso Jones si inserisce in uno schema più ampio di abusi da parte delle autorità che prendono a spunto le leggi sull’aborto, e quelle parti di legge che parlano di “omicidio del feto”. In realtà, dice NAPW, la legge della Georgia, così come quella di molti altri stati, pone molta attenzione nello specificare che la donna che abortisce non può essere oggetto di azione penale
Tuttavia, queste leggi sono sempre più spesso utilizzate per punire le donne che hanno aborti spontanei o figli nati morti, o che ricorrono alle pillole abortive illegali perché sentono di non avere altre buone opzioni. Alcune donne sono state accusate di omicidio con l'accusa di aver intenzionalmente danneggiato i loro feti, utilizzando farmaci illegali o anche semplicemente cadendo giù per le scale.
In una dichiarazione rilasciata martedì, NAPW - che sta offrendo assistenza legale gratuita a Jones - ha sostenuto la strategia legale del movimento anti-abortista in ultima analisi è quella di punire le donne che si trovano in situazioni vulnerabili
"Chiediamo ai leader delle organizzazioni anti-abortiste, che hanno pubblicamente e ripetutamente detto che si oppongono alla punizione delle donne, di schierarsi con Kenlissa Jones e contro il crescente uso delle legislazioni penali per punire le donne per aborti o comunque per l’esito delle loro gravidanze”. "Le donne che cercano cure mediche per tutti gli aspetti della gravidanza - tra cui la cura prenatale, il travaglio e il parto, l’aborto spontaneo, i feti nati morti, o l'aborto - non devono temere l'arresto. Non vi è alcun ruolo per la polizia e i pubblici ministeri in materia di salute riproduttiva".
Almeno un gruppo anti-abortista è d'accordo. Genevieve Wilson del gruppo Georgia Right to Life (Diritto alla Vita) ha detto all'Associated Press che questa è la prima volta che ha sentito parlare di una donna che viene accusata di omicidio per aver posto termine ad una gravidanza. "Sono molto sorpresa per l'arresto", ha detto la Wilson. "E sto pensando che forse chi ha compiuto l'arresto potrebbe non conoscere bene le leggi".
Jones, che ha un figlio di due anni, al momento è trattenuta in arresto senza possibilità di cauzione, in attesa che la pubblica accusa decida come procedere.
Secondo uno studio condotto da NAPW riesaminando le azioni penali intentate contro donne in relazione alla loro gravidanze tra il 1973 e il 2005, le donne di colore e le donne con basso reddito vengono arrestate in misura sproporzionata rispetto alle altre categorie. Le donne di colore corrono un rischio significativamente più alto di vedersi segnalate alle autorità da parte del personale ospedaliero per il sospetto che abbiano arrecato danno ai loro bambini non ancora nati.
(Fonte: thinkprogress.org)