16 Settembre 2025 :
Sergio D’Elia su l’Unità del 16 settembre 2025
È una storia tipicamente americana che affonda le radici negli usi e costumi originari della giovane Nazione: la Bibbia e il fucile, lo sceriffo e il fuorilegge, l’occhio per occhio, la forca e il linciaggio. Il piano narrativo, come in un film, è già disegnato. Tyler Robinson, un ragazzo di appena vent’anni, di buona famiglia ma senza arte né parte, se ne va in giro armato e a piede libero. Con un fucile da caccia spara un colpo secco e preciso e uccide un ragazzo di appena trent’anni, Charlie Kirk, osservante dei Dieci Comandamenti del Vangelo e del Secondo Emendamento della Costituzione americana. Amava il Signore sulla Croce, «la risposta di Dio al male» predicava, e venerava il sacro diritto costituzionale americano alle armi libere per difendersi dal male. È stato colpito dal giovane cacciatore proprio mentre parlava di fucili e armi da fuoco negli Stati Uniti.
Il fatto da cui inizia la storia è avvenuto in Utah e non avrà un lieto fine. La storia finirà come è iniziata, in nome di Dio e a colpi di fucile. Lo Stato dei Mormoni usa sia l’iniezione letale che la fucilazione. La parabola non sarà felice; in un modo o nell’altro, sarà implacabile, paradossale o speculare. In risposta al male compiuto, l’assassino forse sarà messo in croce, sul lettino letale che tale pare, con le braccia aperte e le gambe inchiodate. Oppure, più probabile, il fucile che ha ucciso Kirk ucciderà il suo assassino. Poco prima di morire, racconta un testimone, Kirk aveva proclamato con fervore al suo pubblico che «Cristo è il Signore» e che il Figlio di Dio aveva «vinto la morte».
Nel braccio della morte dello Utah, lo Stato si crederà il Signore, ma non vincerà la morte, la imporrà. Non sarà un Dio misericordioso quello che regnerà nei prossimi tempi sulla terra promessa dei Mormoni, ma un Dio spietato. Nella camera della morte di Salt Lake City, sul monito salvifico della Genesi “nessuno tocchi Caino” prevarrà la regola mortifera del Levitico “occhio per occhio, dente per dente”.
Se lo Stato non riuscirà a ottenere le sostanze letali, la legge consente l’uso di un plotone di esecuzione. L’ultima è avvenuta un anno fa tramite fucilazione. La prossima sarà quella di Tyler Robinson, il ragazzo col fucile che ha sparato a Charlie Kirk, l’uomo amante della Bibbia e del fucile.
C’è una sala d’attesa accanto a quella della morte, col pavimento grigio e una panca di cemento armato, il gabinetto e il lavandino di acciaio inossidabile fissati al muro. Lì, puoi pregare il Signore che vince sulla morte. Contro Gesù Cristo, la morte arriverà nella stanza dopo, e sarà più veloce e più violenta dell’iniezione letale. Nella camera della morte troneggia un tetro macchinario. Una sedia nera di ferro avvolta da cinque fibbie di cuoio, una per fermare la testa, due per bloccare il tronco, due per serrare le caviglie. Al giovane Tyler metteranno un cappuccio nero sul capo e cucito sul petto un bersaglio bianco con il centro rosso. Una tenda scura proteggerà il plotone di esecuzione. I tiratori volontari del sistema carcerario non si vedranno ma saranno pronti a sparare dietro due feritoie buie di fronte al trono illuminato della morte. Lo schiocco dei fucili che colpirà Tyler sarà secco e improvviso come quello che ha colpito Charlie. Il corpo sobbalzerà due, tre volte. Il bersaglio sul petto scomparirà all’istante. Al suo posto comparirà una macchia rossa di sangue. Un medico votato dal giuramento d’Ippocrate a salvare vite, ne certificherà la morte.
Benvenuti nello Utah, la terra dei Mormoni, della promessa tradita. Benvenuti in America, la terra ferma alla Bibbia e al fucile. Per tre secoli, l’una ha ispirato l’idea di giustizia, l’altro ha diffuso la sensazione di sicurezza. Oggi, l’antico testo e l’arma da fuoco, sono divenute, ad un tempo, legge penale e strumento di esecuzione. Nel Sud della Nazione, nella “striscia della Bibbia”, che coincide con quella della pena di morte, la regola terribile della prima parte della storia raramente ha conosciuto eccezioni. Ora, quella realtà maligna rischia di estendersi anche al Nord e all’Ovest del Paese. Fino al piccolo stato messianico dello Utah dove la pena capitale è stata una pratica rara, dove nel braccio della morte sono detenute solo quattro persone. Al bravo ragazzo credente nel Signore che vince sulla morte, non è stato raccontato il lieto fine della seconda parte della storia, la buona novella del “non giudicare” e, soprattutto, del “non uccidere”.
“Chi ha ucciso deve essere ucciso”, pene di morte e pene fino alla morte, non hanno fatto diminuire i reati. “Un cittadino, un’arma”, la libera circolazione delle armi da fuoco, ha minato l’ordine e la sicurezza negli Stati Uniti. La società “legge e ordine”, la Bibbia e il fucile, invece di riparare gli americani da ogni pericolo, per tragico paradosso, hanno prodotto la realtà dei delitti di sangue che in America avvengono con frequenza maggiore rispetto al resto del mondo. È la maledizione dei mezzi che prefigurano i fini. Perché sul viatico manicheo della lotta tra il bene e il male, a furia di armi da fuoco e pene capitali, anche uno Stato democratico può generare Caini e diventare esso stesso Caino! Se vogliamo dirci, non dico cristiani, ma semplicemente un po’ più umani e civili, occorre cambiare registro. Vivere nel modo e nel senso in cui vogliamo che vadano le cose. Pensare, sentire e agire in modo radicalmente nonviolento. Al contrario, la logica amico/nemico, di azione e reazione per cui al male si risponde con il male, alla violenza privata con la violenza di stato, al fucile col fucile, è un modo di fare che genera mostri e fatti orribili, punizioni crudeli e inusuali come quelli già accaduti e altri che si annunciano nello Utah.
In questi giorni ricorre il trentennale di un’altra storia che merita di essere ricordata. È una storia di violenza ma anche di resurrezione. Assomiglia a quella degli Stati Uniti, ma non è durata secoli e ha avuto un lieto fine. In Sudafrica, come negli Stati Uniti, l’uso della pena di morte è stata il prodotto della schiavitù, della violenza razziale e del linciaggio. Per molti anni, il Sudafrica è stato un leader mondiale nel numero di esecuzioni capitali. Più di mille persone sono state impiccate tra il 1981 e il 1990, con l’ultima esecuzione avvenuta nel novembre 1989. Il 95% delle persone condannate a morte durante l’apartheid erano nere, mentre tutti coloro che emettevano la sentenza erano bianchi. Quasi la metà delle persone nere giustiziate era stata condannata per l’omicidio di vittime bianche, mentre nessuna delle 31 persone bianche con vittime nere è stata giustiziata.
Ma era l’era dell’apartheid. Più di trent’anni fa. L’America di oggi, invece, continua ancora a mostrare un pregiudizio nei confronti delle vittime bianche e dei carnefici neri.
Dopo la fine dell’apartheid in Sudafrica, nel 1993 fu emanata una costituzione provvisoria, che includeva una carta dei diritti. I negoziati costituzionali non affrontarono la questione della pena di morte, affidando l’esame di costituzionalità ai tribunali. La Corte Costituzionale del Sudafrica fu istituita nel febbraio 1995, circa cinque anni dopo l’annuncio di una moratoria sulle esecuzioni. Nel giro di pochi mesi, la neonata Corte suprema emise una sentenza storica che aboliva la pena capitale e dava priorità ai diritti costituzionali fondamentali alla vita e alla dignità. La cancellazione dell’ultima traccia del passato coloniale cambiò il corso della storia, segnò l’inizio di una nuova era dei diritti umani in una terra che aveva conosciuto immani violenze, crimini atroci contro l’umanità.
Ma il capolavoro di vera giustizia fu compiuto poco più avanti nello stesso anno, quando per sanare le ferite del passato e ristorare le vittime dell’apartheid, non furono istituiti tribunali penali, ma una “Commissione per la Verità e la Riconciliazione”. La verità per onorare la memoria delle vittime, la riconciliazione per salvaguardare il futuro del Paese. La risposta ai crimini più gravi si ispirava alla cultura tradizionale Ubuntu, una parola che può essere tradotta come “umanità attraverso gli altri” o “benevolenza verso il prossimo”, una visione della giustizia centrata sulla nonviolenza e la riparazione. Il Sud dell’Africa, con una filosofia sconosciuta nel mondo “civile”, ha sconfitto la pratica della violenza e della forca che erano state portate nel continente nero dai coloni bianchi del continente europeo. Nel sud della grande America, invece, il tempo si è fermato al tempo della Bibbia e del fucile. Occhio per occhio, colpo su colpo, pallottola per pallottola.