16 Novembre 2020 :
Iniziamo il digiuno alla mezzanotte di oggi io, Elisabetta Zamparutti e Sabrina Renna per tre giorni e Antonio Coniglio (intanto) per un giorno.
Siamo ancora in Sicilia per un supplemento (dopo le due settimane di fine settembre) del “Viaggio della speranza” che è un viaggio senza fine, anche nel senso che non ha un fine, una destinazione, laddove il fine è il viaggio stesso, perché è nel corso del cammino che si scoprono cose e persone straordinarie, sorprendenti e per noi preziose. Del loro vissuto ci facciamo forti. Fino ad ora sono stati con me ed Elisabetta anche Sabrina Renna e Antonio Coniglio ad Acireale, Donatella Corleo e Pietro Cavallotti a Palermo e Belmonte Mezzagno, Paolo Ingrao a Canicattì. Nei prossimi giorni saremo a Catania con Gianmarco Ciccarelli e torneremo a Palermo a incontrare imprenditori e sindaci vittime collaterali e innocenti della “guerra alla mafia” che crea deserti che poi chiamano “legalità”.
Non siamo solo qui, in Sicilia, siamo anche a Roma, con Rita Bernardini e la sua lotta per la giustizia, per i detenuti e i detenenti vittime di una emergenza detta “pandemia” che andrebbe invece specificata come il “caso Italia”, quello di un Paese che ha perso il lume della ragione, le ragioni del diritto, la cultura del perdono, il dono della grazia senza la quale la giustizia è letteralmente spietata.
Non per caso, proprio oggi, pensando a Rita, ci siamo trovati ad ascoltare un bellissimo intervento di Mariateresa Di Lascia a un convegno sulla “digiunoterapia” da lei organizzato nel 1991 alla Camera dei Deputati.
L’intervento è bello tutto, il finale è un inno alla nonviolenza come forma di lotta politica e come metodo di cura della malattia, del dolore, di confronto nella vita e con la morte. Ecco qui trascritte le sue parole finali, ma l’ascolto dell’intervento dalla sua viva voce è ancora più bello.
“Nessuno che faccia un digiuno per motivi politici (i digiuni politici dei radicali erano fatti con tre cappuccini al giorno, lavorando freneticamente senza fermarsi mai) o per motivi di salute (solo acqua, succhi, riposando e senza stress) può fare un digiuno contro qualche cosa o contro qualcuno. Non si può fare, non si regge, si muore. I digiuni irlandesi lo hanno dimostrato. Contro un avversario politico non lo si può fare e immagino neanche contro la propria malattia. Questo si può intuire perché la malattia è parte integrante di noi stessi. Allo stesso modo non si può usare in politica uno strumento come il digiuno senza avere amore per l’avversario senza avere la consapevolezza che la crescita, se ci sarà, avverrà dentro e fuori di noi. Mi ricordo la copertina di un giornale del ’74 con il volto di Pannella, erano i tempi del divorzio, digiunava per 70 giorni, il suo volto era bello ed esprimeva un’integrità fra le sue azioni e il suo sentire profondo. Succede che quando si fa un digiuno positivo che si diventa più belli. Potrei dire che era bello perché era integro e perché si nutriva di un cibo che aveva attenzione per la verità, per la verità propria e per quella degli altri. Se la malattia, nella lettura vitalista, origina quasi sempre dall’amore negato agli altri o non ricevuto, il successo di un digiuno in terapia come in politica è legato alla capacità di liberare la parte migliore di sé, di perdonare e di perdonarsi, di percepirsi come protagonista autentico della propria vita, in una parola di amare.”
Sergio D’Elia
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