26 Aprile 2022 :
La Corte Suprema di stato ha annullato all’unanimità (7-0) la condanna a morte di Robert Bloom per “violazione del 6° Emendamento” che riguarda il diritto a scegliere la propria linea difensiva.
Bloom, che oggi ha 58 anni, bianco, aveva 18 anni il 22 aprile 1982 quando, dopo una lite, con una carabina calibro 22, uccise il padre, Robert Bloom Senior.
Lo stesso giorno e nello stesso luogo furono uccise anche Josephine e Sandra Hughes, rispettivamente matrigna e sorellastra di Robert Junior. Nel processo del 1982 nella Los Angeles County Robert Junior ammise di aver ucciso il padre, ma sostenne che ad uccidere la donna e la bambina doveva essere stato qualcun altro. I suoi avvocati sconfessarono questa linea difensiva, ed ammisero che doveva essere stato lui ad uccidere anche le altre due vittime, e preferirono insistere sulle condizioni mentali del giovane imputato, che avrebbero dovuto garantirli le attenuanti e la derubricazione del capo d’imputazione. Condannato a morte dalla giuria popolare il 22 aprile 1982, e dal giudice (dopo alcune udienze per valutare le condizioni mentali) nel 1984, Bloom ottenne l’annullamento del processo da una corte d’appello federale per “inadeguata assistenza legale”. Processato di nuovo, venne condannato a morte nel 2000 per l’omicidio di 1° grado del padre, e all’ergastolo per gli altri due omicidi, declassati a 2° grado, ossia senza la premeditazione. Nella seconda fase del processo, quella dopo il verdetto di colpevolezza in cui viene determinata la pena, Bloom revocò il mandato ai difensori e si difese da solo. Oggi la Corte Suprema, per una “tecnicalità”, ha stabilito che aver declassato 2 dei 3 omicidi a “non premeditati” rende opportuno rivedere anche il primo omicidio, o meglio, il meccanismo delle aggravanti utilizzate per ottenere la condanna a morte.
In teoria la pubblica accusa potrebbe ancora chiedere una nuova condanna a morte, ma l’attuale procuratore distrettuale della contea di Los Angeles, George Gascón, è contrario alla pena di morte.
