‘TRASFORMARE LA PAURA IN AUDACIA!’. LA LETTERA DALL’INFERNO DI EVIN
14 dicembre 2024: Virginia Pishbin su l’Unità del 14 dicembre 2024 I primi cinque mesi di presidenza di Masoud Pezeshkian hanno registrato una pesantissima impennata nelle esecuzioni capitali in Iran. Solo in ottobre si sono registrate 161 impiccagioni, il 20 per cento delle quali di detenuti di etnia curda. Delle 126 esecuzioni di novembre, solo 2 sono state rese note dai media statali e 5 sono avvenute senza neanche avvertire le famiglie e permettere l’ultima visita. Il totale di quest’anno è di 851 impiccagioni al 10 dicembre, giornata mondiale dei diritti umani che il regime dei mullah festeggia a suo modo. Dalla fine di novembre è iniziata la campagna internazionale per salvare la vita di sei prigionieri politici: Seyyed Abolhassan Montazer, 65 anni, Pouya Ghobadi, 32, Vahid Bani-Amrian, 32, Babak Alipour, 33, Shahrokh (Akbar) Daneshvarkar, 57, e Mohammad Taghavi, 58. Sono accusati di “collusione e cospirazione contro la sicurezza nazionale”, “ribellione armata contro il governo” e “appartenenza all’Organizzazione dei Mojahedin del Popolo Iraniano (OMPI)”. Nessuno tocchi Caino ha espresso profondo allarme per l’aumento delle esecuzioni in Iran nel 2024 e ha lanciato un appello urgente all’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Turk, e al Relatore speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani in Iran, Mai Sato, per salvare la vita ai sei prigionieri accusati di appartenere ai Mojahedin del popolo. Anche la tesoriera di Nessuno tocchi Caino Elisabetta Zamparutti ha aderito alla campagna di sciopero della fame denominata “Martedì contro le esecuzioni”, promossa dai prigionieri politici condannati a morte. Le sentenze, emesse dal giudice Iman Afshari della Corte rivoluzionaria di Teheran, sezione 26, evidenziano ciò che Nessuno tocchi Caino ha descritto come persecuzione sistemica dei membri e dei simpatizzanti dell’OMPI. Queste sentenze riflettono i crimini in corso contro l’umanità, come osservato nel rapporto delle Nazioni Unite del luglio 2024 intitolato “Crimini di atrocità”, che documenta decenni di persecuzione contro questo gruppo. Nessuno tocchi Caino ha chiesto un’azione urgente per salvare la vita di questi sei prigionieri e garantire il rilascio di tutti i detenuti politici in Iran. Facciamo appello alla comunità internazionale affinché condanni queste violazioni e rinnovi le richieste per una moratoria su tutte le esecuzioni capitali in Iran. Pubblichiamo qui di seguito la lettera aperta di Seyyed Abolhassan Montazer, Babak Alipour, Shahrokh (Akbar) Daneshvarkar, Vahid Bani-Amrian e Pouya Ghobadi, arrivata dalla famigerata prigione di Evin il 2 dicembre scorso. “Noi, cinque prigionieri politici condannati a morte, sostenitori dell’Organizzazione dei Mojahedin del Popolo Iraniano (PMOI/MEK), oggi facciamo lo sciopero della fame insieme a molti prigionieri in tutto il paese in concomitanza con la 45° settimana della campagna “No to Execution Tuesdays”, e comunichiamo questo nel momento in cui la sesta persona, il nostro fratello Mohammad Taghavi, testimone e sopravvissuto al massacro del 1988, è stato riportato nelle celle del reparto 209 quattro mesi fa e ora non rendono noto il suo stato di salute, solo perché ha dichiarato che il processo al quale è stato sottoposto è privo di legittimità e di valore giuridico e si è rifiutato di parteciparvi. La natura del regime del velayat-e faqih (la sovranità del giureconsulto della legge coranica) è troppo chiara perché si debbano spiegare le torture e le centinaia di violazioni dei nostri diritti umani fondamentali dal momento del nostro arresto fino a oggi e le accuse infondate che sono state mosse contro di noi. Naturalmente non ci si può aspettare altro dagli assassini di Reza Rasai e Mohammad Ghobadlou, dagli assassini di migliaia di giovani di questa terra e dagli usurpatori della sovranità del popolo iraniano! Inoltre, quale legittimità può avere questo regime, la sua magistratura, i suoi tribunali e i suoi investigatori, che sono fondamentalmente illegittimi e disumani?! Pertanto, noi e tutti i prigionieri politici condannati a morte stiamo solo cercando giustizia per il popolo oppresso dell’Iran, le eroiche Unità di Resistenza e le coscienze risvegliate, e naturalmente, questo è sufficiente per noi ed è fonte di orgoglio! La nostra richiesta di giustizia non è per salvare le nostre vite e non è rilevante solo per oggi, quando vediamo i cappi di fronte a noi, ma è un invito a opporsi alla pena di morte – nella sua essenza e nella sua interezza – e per tutti i prigionieri, politici e non politici. È possibile e necessario trasformare la disperazione e la paura causate dalle condanne a morte di massa in audacia, ribellione e fuoco rivoluzionario per sradicare questo regime! Sì! È così che vince la rivoluzione democratica del popolo iraniano.”
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